In questa seconda Domenica di Quaresima la liturgia ci invita a riflettere sul mistero della Trasfigurazione del Signore. Il Vangelo di Matteo così si esprime al termine di questo evento epifanico: “Alzando gli occhi non videro nessuno, se non Gesù solo”. Queste parole esprimono di fatto il compimento, la meta e la realizzazione di ogni cristiano che è chiamato a “vedere” Dio nella persona del suo amatissimo Figlio in cui Egli pone il suo compiacimento. Certamente è molto importante chiarire il perché la Chiesa indichi la Trasfigurazione come un evento da meditare nel pieno cammino della Quaresima. In realtà i due momenti non sono distanti ma esprimono le due facce di una stessa medaglia.
Come la Risurrezione è preceduta necessariamente dalla morte, così la rivelazione della persona di Cristo è necessariamente preceduta da una purificazione.
Ecco perché nella seconda lettura Paolo rivolgendosi a Timoteo afferma: “Figlio mio, con la forza di Dio, soffri con me per il Vangelo”. La sofferenza chiesta da Paolo a Timoteo non è un invito ad una sorta di autolesionismo, piuttosto è il cuore dell’annuncio evangelico. Il volto trasfigurato di Gesù nella passione è anche il volto del più bello tra i figli dell’uomo, eppure non tutti lo riconoscono tale. Solo chi ha sofferto per qualcuno sa di cosa stiamo parlando. Per poter vedere Gesù trasfigurato occorrono due cose; la grazia, poiché la trasfigurazione è un dono e la conoscenza precisa e profonda del contenuto dell’Alleanza che Dio ha stabilito con il suo popolo, ovvero la conoscenza della Parola di Dio, concetto espresso nel Vangelo di Matteo con la presenza sul monte di Mosè ed Elia. L’itinerario quaresimale da poco iniziato si muove proprio su queste due realtà.
La Quaresima è il tempo che precede la rivelazione della gloria di Dio, per giungere a questo traguardo la Chiesa ci chiede di riflettere sulla necessità della grazia e di rafforzare la conoscenza di Dio attraverso la lettura attenta della sua Parola.
C’è infine un’altra importante considerazione nel Vangelo di Matteo. “All’udire ciò, i discepoli caddero con la faccia a terra e furono presi da grande timore”. Prima di godere della trasfigurazione del Signore e di contemplare il suo volto radioso occorre “cadere con la faccia a terra”. Il prostrarsi a terra è universalmente considerato un gesto di adorazione, di riverenza di sottomissione. Ebbene questo gesto nel Vangelo precede proprio la visione di Gesù, infatti i discepoli alzando gli occhi non videro più nessuno, se non Gesù solo. Ecco espresso chiaramente il dinamismo della Quaresima, tempo dove l’uomo deve cadere a terra, cioè lasciare le proprie sicurezze, deporre i propri peccati attraverso la riconoscenza del proprio limite e abbassarsi. Si tratta di
riconoscere che la nostra esistenza dipende unicamente da quel Gesù di Nazareth che si fa fratello, servo umile e sofferente, al quale dobbiamo riservare la nostra più profonda adorazione,
poiché egli è Dio fatto uomo “nostra salutis causa”, per la nostra salvezza. In nessun altro c’è salvezza, non vi è infatti altro nome dato agli uomini sotto il cielo nel quale è stabilito che possiamo essere salvati.