“Lui, che ha aperto gli occhi al cieco, non poteva anche far sì che costui non morisse?”. Il tempo scorre e si avvicina il giorno della Risurrezione, tuttavia, in questa V Domenica del Tempo di Quaresima l’umanità è ancora immersa nella fitta nebbia del dolore e della sofferenza. Questi giorni di prova sembrano non finire e questa domanda, che alcuni legittimamente si pongono, sembra interpretare la grande domanda di tutti noi: “Non poteva far sì che costoro non morissero?”. La narrazione giovannea della risurrezione di Lazzaro, ci offre alcuni importanti spunti per meditare sul modo con cui Gesù risponde a questa legittima domanda dell’uomo. La risurrezione di Lazzaro è anzi tutto un evento transitorio e non definitivo, Lazzaro infatti morirà di nuovo, anche lui amico intimo di Gesù dovrà sperimentare questo passaggio doloroso e definitivo, in questo senso l’evento è solo rimandato. Piuttosto con questo gesto Gesù rivela la sua totale signoria sulla creazione, tanto da poter decidere di riportare alla vita un morto, prerogativa che spetta solo a Dio. Egli non stravolge l’ordine della creazione ma anticipa con questo gesto una realtà ben più pervasiva e definitiva, ovvero la sua Risurrezione nella quale ciascun uomo trova la sua definitiva condizione. In sostanza
nella risurrezione di Lazzaro Gesù rivela ciò che sarà per i suoi amici, egli sarà per loro “la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me, non morirà in eterno”.
Questa affermazione è molto importante perché Gesù specifica in dettaglio che chi crede in lui “non morirà in eterno”, egli così distingue chiaramente l’evento naturale della prima morte, evento comune a tutti gli uomini e ineludibile, da quello di una seconda possibile morte che potrà avere carattere definitivo, eterno.
Gesù stesso, sulla croce, conoscerà fino in fondo la prima realtà della morte naturale ma con la Risurrezione aprirà a tutti la strada dell’immortalità che troverà compimento definitivo con la Risurrezione della carne,
vale a dire con la restaurazione in Cristo dell’uomo nella sua totalità. Tutta la tradizione cristiana distingue chiaramente questi due momenti, al riguardo come non ricordare le celebri parole di san Francesco nel Cantico delle Creature: “Laudato si’ mi’ Signore per sora nostra morte corporale, da la quale nullu homo vivente può scappare: guai a quelli che morrano ne li peccata mortali; beati quelli che troverà ne le tue santissime voluntati, ke la morte secunda non li farrà male”. A conclusione di quanto detto vorrei evidenziare il duplice modo con cui Gesù agisce davanti alla sofferenza e alla morte dei suoi amici, nel suo Vangelo Giovanni fa seguire alla nostra domanda, sul perché non sia intervenuto prima, le seguenti parole: “Allora Gesù, ancora una volta commosso profondamente, si recò al sepolcro”. In questo brano per ben tre volte Gesù piange, si commuove profondamente davanti alla sofferenza dei suoi amici. Egli, potremmo dire, si commuove davanti alla sofferenza e si muove davanti alla morte.
Attraverso la sua dolorosa passione il Signore indica all’uomo l’unica strada percorribile per arrivare alla Risurrezione, quella della Croce.
“Il Figlio dell’uomo, disse, deve soffrire molto, essere riprovato dagli anziani, dai sommi sacerdoti e dagli scribi, essere messo a morte e risorgere il terzo giorno”. Il mistero è grande e certamente inarrivabile con la sola forza della ragione. Sebbene Gesù non spieghi il perché del mistero del male, tuttavia egli lo abbraccia per la salvezza di tutti gli uomini. Ancora una volta appare chiaro che
per noi cristiani la più grande paura, la terribile realtà da cui fuggire è il peccato mortale non la morte corporale, essa può essere solo rimandata ma non annullata.
Aiutiamoci dunque a ritrovare nella nostra misera condizione la mano provvidente di Dio che ci guida, attraverso la Croce, per l’unica strada che conduce alla Risurrezione piena e definitiva, allora come Lazzaro ciascuno di noi sentirà la voce di Gesù che dirà; “vieni fuori” e sarà gioia eterna.