In quel tempo, Gesù, riprese a parlare con parabole [ai capi dei sacerdoti e ai farisei] e disse:
«Il regno dei cieli è simile a un re, che fece una festa di nozze per suo figlio. Egli mandò i suoi servi a chiamare gli invitati alle nozze, ma questi non volevano venire.
Mandò di nuovo altri servi con quest’ordine: Dite agli invitati: “Ecco, ho preparato il mio pranzo; i miei buoi e gli animali ingrassati sono già uccisi e tutto è pronto; venite alle nozze!”. Ma quelli non se ne curarono e andarono chi al proprio campo, chi ai propri affari; altri poi presero i suoi servi, li insultarono e li uccisero. Allora il re si indignò: mandò le sue truppe, fece uccidere quegli assassini e diede alle fiamme la loro città.
Poi disse ai suoi servi: “La festa di nozze è pronta, ma gli invitati non erano degni; andate ora ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze”. Usciti per le strade, quei servi radunarono tutti quelli che trovarono, cattivi e buoni, e la sala delle nozze si riempì di commensali.
Il re entrò per vedere i commensali e lì scorse un uomo che non indossava l’abito nuziale. Gli disse: “Amico, come mai sei entrato qui senza l’abito nuziale?”. Quello ammutolì. Allora il re ordinò ai servi: “Legatelo mani e piedi e gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti”.
Perché molti sono chiamati, ma pochi eletti».
Ecco un altro esempio che contraddice l’idea di un Gesù edulcorato, color pastello: questa parabola parla di un re piuttosto altero e focoso, che non ripaga flebilmente l’ingratitudine.
La prima parte della parabola è a tinte molto fosche: ognuno avrà quanto la sua libertà persegue, e rifiutare l’alleanza non equivale a poter portare avanti il proprio tiepido tram tram, ma significa andare incontro alla rovina. Glissare, bypassare il Vangelo e il suo appello come se riguardasse sempre altri non ci lascerà intatti e indifferenti, ma prima o poi ci farà fare i conti con gli esiti di morte della nostra mentalità chiusa e carnale.
La seconda parte, che sembra ancora più dura, in realtà è un vivaio di buone notizie. Anzitutto, e questo sembriamo sottovalutarlo spesso, Dio vuole che noi entriamo nel suo Regno, e lo vuole fortemente, molto più di quanto possiamo volerlo noi: come la mettiamo con le immagini di un Dio severo, puntiglioso, esigente?
Tant’è che la sala delle nozze si riempie di cattivi e buoni, senza distinzioni: tu chi sei? Uno dei buoni? Quindi ti senti deprivato di qualche diritto? Conviene tornare alla parabola di due domeniche fa…
Tiriamo piuttosto un sospiro di sollievo, perché nella sala delle nozze possiamo entrare anche noi, i cattivi, e quelli che vengono buttati fuori non sono i cattivi, ma quelli che rifiutano dalla mano dello sposo l’abito nuziale, cioè la grazia.
Sì, perché il dettaglio che sfugge in questo racconto è che l’abito non te lo devi fare tu, ma te lo da Lui all’ingresso.
Perché preferire il proprio assetto immutabile, alla possibilità che Dio operi in noi, vestendoci dei nostri colori più veri?