Gesù si trova a Gerusalemme ed ancora una volta si apre un dibattito con i farisei, sempre sul terreno della Torah.
Per la tradizione rabbinica i precetti da osservare, come si apprende nel Talmud dalla voce di rabbi Simlaj, sono molti: “Sul monte Sinai a Mosè sono stati enunciati 613 comandamenti: 365 negativi, corrispondenti al numero dei giorni dell’anno solare, e 248 positivi, corrispondenti al numero degli organi del corpo umano … Poi venne David, che ridusse questi comandamenti a 11, come sta scritto [nel Sal 15] … Poi venne Isaia che li ridusse a 6, come sta scritto [in Is 33,15-16] … Poi venne Michea che li ridusse a 3, come sta scritto: ‘Che cosa ti chiede il Signore, se di non praticare la giustizia, amare la pietà, camminare umilmente con il tuo Dio?’ (Mi 6,8) … Poi venne ancora Isaia e li ridusse a 2, come sta scritto: ‘Così dice il Signore: Osservate il diritto e praticate la giustizia’ (Is 56,1) … Infine venne Abacuc e ridusse i comandamenti a uno solo, come sta scritto: ‘Il giusto per fede vivrà’ (Ab 2,4)” (Talmud di Babilonia, Makkot 24a).
Certamente con la premessa delle Dieci Parole, cioè dei Dieci Comandamenti.
Esisteva per una qualche graduatoria fra di loro? Come bisogna comportarsi nella prassi concreta?
Entra quindi in gioco far esprimere Gesù, ritenuto buon conoscitore della Torah, la cui risposta immediatamente parte dalla confessione di fede del popolo d’Israele: lo Shemà Israel (Dt 6, 4-9) che inizia con proprio con queste parole: “Ascolta Israele!”.
Realtà ben nota ai farisei: l’ascolto genera la fede, la fede a sua volta conduce e domanda la conoscenza, tutto convoglia nell’amore per il Dio Altissimo Uno.
Tutto parte da Lui e scende, come dono, alle creature cui ha dato vita. L’ascolto è essenziale perché Lo conosciamo così come Egli vuole farsi conoscere e non come vorremmo noi fosse. Evitiamo così di proiettare su di Lui il nostro pensiero, il nostro stato d’animo.
Sull’ascolto Gesù innesta l’amore per i fratelli e le sorelle che Egli ci ha messi vicini.
Il desiderio deve urgere, vibrare, ma rischia di essere solo un sentimento passeggero che lascia il tempo che trova. È necessario passare all’azione, superare la prova dei fatti. Imprimere alla propria vita quel ritmo e quelle scelte che sono in armonia con la volontà di Dio:
- Con tutto il cuore: sempre rivolto a Lui, al di sopra di tutto e di tutti;
- Con tutta l’anima: con tutto il nostro sentire interiore;
- Con tutta la tua mente: entrando nel concreto, animati dal Suo amore.
In realtà; con tutto se stessi e con tutta l’esistenza.
Assaporato l’amore di Dio saperlo donare e contagiare in un’agape che non si misura ma si offre a dismisura e senza calcolo.
Ne viene che amare le persone con cui condividiamo il nostro pellegrinaggio terreno è il banco di prova.
Per Gesù il secondo comandamento è posto proprio a fianco del primo perché gli è “simile” (homoíos).
I due comandamenti si richiamano reciprocamente, non possono sussistere l’uno senza l’altro.
Non si tratta di un pensiero che culla ma di una realtà impellente che, giorno dopo giorno, chiede ed esige di essere creata nell’ottica dell’Altissimo.
Qui la radice vitale, non solo la simmetria, da cui i due comandamenti dipendono e trovano vita.
Agostino, nella sua genialità, così sintetizza: “L’amore di Dio è primo nell’ordine dei precetti, l’amore del prossimo è primo nell’ordine della prassi … Amando il prossimo rendi puro il tuo sguardo per poter vedere Dio”.