Potremmo titolare questa domenica: la “festa della Sapienza di Dio”, che, lei sola, sa guidare l’uomo a comprendere se stesso nella storia del mondo, nel progetto di Dio.
A partire dal brano del libro della Sapienza: in un mondo che si vanta della sua grande “scienza”, la parola di Dio ci insegna che a nulla servono “i pensieri dei mortali”, se non sono illuminati dall’alto, con il dono della “sapienza” e del “santo spirito” di Dio.
Tutta la scienza del mondo, senza la sapienza, non porta salvezza; solo la sapienza di Dio “raddrizza i sentieri di chi è sulla terra”, istruisce gli uomini su ciò che è gradito a Dio; gli uomini possono essere salvati unicamente “per mezzo della sapienza”.
Concretamente, in che cosa consiste la sapienza di Dio? Risponde Gesù nel Vangelo di Luca. Sapienza è amare Dio più che il “padre, la madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita”. Sapienza è “portare la propria croce” “dietro” a Gesù crocifisso e risorto. Sapienza è progettare la propria vita con la stessa attenzione e con lo stesso impegno con cui si progetta la realizzazione di una torre, o si prepara una guerra. Sapiente è colui che “rinuncia a tutti i suoi averi” per essere discepolo di Gesù.
A prima vista il brano della lettera di Paolo a Filemone è fuori tema, ma anch’esso può essere letto con la stessa attenzione: sapienza vera, che viene da Dio, è riaccogliere lo schiavo fuggito; scoprire la verità evangelica secondo cui lo schiavo non è schiavo, ma, unicamente, fratello carissimo… sia come uomo, sia come “fratello nel Signore”.
Messaggi disfattisti? No, assolutamente. Messaggi, invece, che guidano a leggere tutta la vita dell’uomo e la sua storia alla luce del pensiero/sapienza di Dio creatore e padre di tutti gli uomini.
La sapienza di Dio insegna a “raddrizzare” il cammino della storia e lo stile della convivenza: solo mettendo Dio al centro della vita personale e sociale, si salva l’umanità, nella luce del Signore. Chi ama prima di tutto Dio, portando la propria croce dietro a Gesù, sa amare, secondo il progetto di Dio, il padre, la madre, i figli, i fratelli e le sorelle; sa progettare il suo impegno sociale non finalizzandolo alla conquista di tanti “averi”, ma al possesso dell’unico avere che dura per l’eternità: l’amore di Dio e del prossimo; sa guardare ai poveri, piccoli, umili e schiavi con lo stesso amore con cui li guarda il Signore che è padre di tutti e tutti ama allo stesso modo. E allora, se su questi principi fosse modellata la convivenza umana, il mondo sarebbe migliore, più umano, più fraterno, più… divino.