I testi della Messa di oggi riprendono il tema della vocazione e della missione, presentandone i frutti e il compimento.
Isaia ci riporta alla felicità dell’antico popolo di Dio, tornato in patria dopo l’esilio babilonese: “Rallegratevi… esultate… sfavillate di gioia… vi sazierete al seno delle sue consolazioni”. Il Signore “allatta” il suo popolo, lo porta in braccio, lo accarezza, lo consola “come una madre consola un figlio”. In quel momento “gioirà il vostro cuore”. In altre parole, questo il messaggio di Isaia: Dio è per il suo popolo – come bene sottolineò papa Giovanni Paolo I – una madre che consola, accarezza, abbraccia, allatta i suoi figli. Un brano ammirevole e consolante.
Nel brano della lettera ai Galati, Paolo presenta la croce di Cristo non come causa di disperazione, ma di “vanto”: “quanto a me non ci sia altro vanto che nella croce del nostro Signore Gesù Cristo”, in virtù della quale, i credenti diventano “nuova creatura”, ottenendo “pace e misericordia”, ricchi della “grazia del Signore nostro Gesù Cristo”.
Il vangelo di Luca ci porta al momento in cui Gesù ha iniziato la “salita verso Gerusalemme”: designa altri settantadue discepoli, li manda davanti a sé, per preparare il suo arrivo. E indica loro il contenuto della missione e le difficoltà che incontreranno.
La missione dovrà essere preparata dalla preghiera; non sarà facile – “come agnelli in mezzo ai lupi” -, dovrà essere fondata sulla essenzialità, lo spirito di povertà. Dovrà annunciare la pace di Cristo. Comporterà anche il dono delle guarigioni. Dovrà, soprattutto annunciare la Buona Notizia: “E vicino a voi il regno di Dio”. Preannuncia anche, Gesù, che non tutti accoglieranno la “buona notizia – Vangelo”: chi la rifiuterà se ne assumerà le conseguenze…
I settantadue discepoli vanno in missione e tornano “pieni di gioia” per i risultati di grazia ottenuti. Gesù li invita non tanto a cantare vittoria; indica invece: “rallegratevi perché i vostri nomi sono scritti nei cieli”.
Cos’è che unifica questi brani all’apparenza diversissimi ? È il messaggio, identico in tutti e tre i testi: la vocazione e la missione dei credenti in Dio non esclude sofferenze, difficoltà e rifiuti, ma conduce alla gioia della salvezza. Così per gli antichi ebrei tornati dall’esilio; così per Paolo che si “vanta” della croce di Cristo; così per i settantadue discepoli inviati in missione che tornano pieni di gioia.
La salvezza che Dio dona al suo popolo non elimina le difficoltà, ma le supera, perché il frutto della missione è sempre gioia e consolazione.