At 15,1-2.22-29; Ap 21,10-14.22-23; Gv 14,23-29
Egli ci lascia, in balia di una storia che non riusciamo a plasmare e a comandare. Tutti i fili si ingarbugliano e ci avvolgono.
Un bel dilemma… Egli va e noi restiamo. Non potremmo andarcene tutti insieme una buona volta e farla finita?
Ognuno e ognuna però viene donato alla storia con una missione sua particolare, quella che da gloria a Dio e salva l’umanità.
Ed allora resta a ciascuno e a ciascuna comprenderla, portarla termine nella propria arcata di tempo, con la sola provvista della sua promessa: la pace.
Gesù è netto: non è la pace del mondo. Non va confusa con la tranquillità, il benessere raggiunto, l’isolamento nel proprio piccolo contesto per far quadrare tutto a nostro proprio ed esclusivo favore.
Quella Sua pace è pace altra.
Sembrerebbe una pace …dinamitarda perché destinata a sbriciolare alcune certezze molto valide che abitano l’animo umano, sempre pronto a portare l’acqua al proprio mulino, ad ammassare ricchezze, a costruire muri – anche invisibili – pur non di lasciarsi toccare dai problemi e dalle difficoltà altrui.
Meno male che Gesù aggiunge: “Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore”, perché, ad essere franchi, turbati si resta.
Il programma non è quello del welfare o quello di comode vacanze, ma quello della guerra incessante all’egoismo, all’ingiustizia, alla superficialità.
Tuttavia, non siamo lasciati al nostro giudizio, troppo spesso opaco o miope, ci viene donato uno sguardo d’aquila che fora l’apparenza e mira alla sostanza.
Lo Spirito suggerirà. Non tutto in una volta come in un libretto di istruzioni pronto per l’uso ma nella coscienza mossa dal quotidiano, quello feriale, grigio e consueto.
Lentamente o per sprazzi inattesi, la pace si farà strada dentro di noi, aprirà quello squarcio diverso che creerà l’ottica nuova e una gestualità tutta fraterna, tutta dedita.
Il tempo dell’attesa, disteso fra Gesù che ritorna al Padre e poi ritornerà a noi, diventa un tempo regale, un tempo di gioia, provata nel crogiolo ma pur sempre gioia contagiosa.
La pace autentica lascerà il suo segno di autentico amore, quello capace di sperimentare, nell’assenza, il flusso della gioia perché Gesù ha raggiunto il Padre, “perché il Padre è più grande di me”, e la Sua gioia e la Sua pace sono ormai complete.
Siamo preavvisati, attrezzati, possiamo pensare la nostra reazione come ad una trasparente e gioiosa affermazione di fede, ad un’adesione degna del Suo dono, che non tradisca la Sua aspettativa e tutti ci raccolga insieme.