At 13,14.43-52; Ap 7,9.14b-17; Gv 10,27-30
L’adesione a Gesù Cristo, il pastore “bello”, passa per l’udito: “Le mie pecore ascoltano la mia voce”. Bisogna rimanere vigili, con l’orecchio teso, indubbiamente quando Gesù viveva nella Terra del Santo con l’udito biologico, ora, nel nostro presente con l’udito interiore.
Gesù si innesta nella grande traccia lasciata nella storia dal popolo d’Israele che ha prestato ascolto alla voce dell’Altissimo “Shemà Israel”, Ascolta Israele.
Tutta la narrazione biblica è scandita da questo richiamo che il Creatore non si stanca di ripetere per richiamare, ammonire, sollecitare a seguirlo.
Ascoltare nel lessico biblico possiede una valenza particolare, significa ubbidire. Quindi non soltanto udire e lasciar cadere ma percepire e mettere in pratica.
Seguire le vie che portano alla salvezza non proviene da uno schema umano, da calcoli e progetti ma è il camminare, passo dopo passo, nell’inedito quotidiano che presenta sempre risvolti attraenti ma anche ardui o, addirittura, impossibili, forse catastrofici.
Tutta la storia dell’umanità è solcata da eventi, guerre, dissidi, calamità.
Con una certezza per chi proclama lo Shemà Israel (la confessione di fede dell’ebreo) che in ogni tenebra si apre una luce che guida, accompagna e sostiene.
Gesù conosce noi, le pecore, uno per uno, una per una e non emargina nessuno, non considera scarto chi è debole, acciaccato e povero.
La salvezza che porge, Sé stesso come Salvatore, è quella della vita eterna. Due parole che racchiudono tutto quel mondo che a noi, qui sulla terra, sfugge ed è impalpabile. Eppure è vita, cioè dinamicità, esperienza della vita trinitaria e della comunione con chi ci ha preceduto.
Se si segue Gesù non ci si può perdere, al limite smarrire, percorrere un sentiero che conduce dritto dritto alla meta ma conosce delle deviazioni, delle pause, forse anche delle marce indietro. Una volta però che Lo si sia conosciuto e si seguano le vie da Lui tracciate, poco importa se si muove due passi avanti ed uno indietro… alla fine si arriva. Poco importa se invece di procedere spediti e solleciti, si zoppica e magari si inciampa e cade.
La sua voce richiama anche nelle tenebre e nel buio. A volte sembra che tutto concorra a distoglierci, a farci franare addosso sabbia e ruderi. La desolazione può indicare scappatoie che, al momento, possono dare soddisfazione e ripagare ma che, sulla lunghezza e in realtà, ci allontanano e la Sua voce si allontana e diventa inudibile.
Nulla però è tanto potente da strapparci da Lui, se ascoltiamo.