In questa XXXIV Domenica del tempo ordinario la Chiesa celebra la solennità di Nostro Signore Gesù Cristo Re dell’Universo. Al centro dell’odierna liturgia c’è dunque la riflessione sulla regalità di Cristo, “Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e noi”, questa sua altissima e insuperabile dignità si esprime nella capacità di “salvare”. Il Vangelo di Luca sembra tuttavia insistere su una triplice affermazione rivolta a Gesù dai capi, dai soldati e da uno dei malfattori; “Salva te stesso”. Un’affermazione ripetuta per ben tre volte e che apparentemente può sembrare poca cosa, essa tuttavia contiene il vero fallimento dell’uomo.
Quel “salva te stesso” non è solo una provocazione fatta a Dio ma un’implicita esclusione dalla salvezza: “salva te stesso perché noi non abbiamo bisogno della tua salvezza”.
Solo uno dei due malfattori è capace di scorgere questa altissima dignità, regale, salvifica, redentrice, che procede dall’affermazione che egli fa: “Noi siamo condannati giustamente, perché riceviamo quello che abbiamo meritato per le nostre azioni; egli invece non ha fatto nulla di male”. Ecco qui svelata la chiave ermeneutica per comprendere la vera regalità di Cristo. Per comprendere interiormente questa verità occorre partire dalla verità su noi stessi, dall’umile riconoscimento della nostra condizione di peccato e dalla consapevolezza sulla necessità di essere “salvati”. In una delle rivelazioni più suggestive e interessanti di Gesù alla mistica polacca Faustina Kowalska, egli rivela che “la cosa più preziosa che l’uomo può offrirmi è il proprio peccato, perché quando l’uomo mi consegna il suo peccato mi permette di essere ciò sono, ovvero un Dio che salva”.
Ecco perché il Vangelo di Luca per introdurre il lettore alla comprensione della regalità di Cristo ci offre la scena della crocifissione, “scandalo per giudei e stoltezza per i pagani ma per quelli che si salvano, ossia per noi, è potenza di Dio”.
La regalità risiede dunque nella capacità di sperimentare la salvezza che viene dalla croce; talamo, trono ed altare al corpo di Cristo Signore. Talamo perché Gesù è lo sposo, trono perché egli è Re, altare perché egli è allo stesso tempo vittima e sacerdote, in quanto offre in sacrificio se stesso per la salvezza di ogni uomo.