2Re 4,42-44; Ef 4,1-6; Gv 6,1-15
Con soli cinque pani e due pesci Gesù sazia una folla affamata di cinquemila uomini e, alla fine, vengono raccolte ben dodici ceste di avanzi. La generosità del Signore è pari alla sovrabbondanza della sua misericordia. Non si limita a dare cose pur necessarie, come il cibo agli affamati e la guarigione ai malati. Gesù arriva a donare se stesso, fino alla morte in croce. Gesù prova compassione perché è fatto dello stesso amore del Padre.
Dopo la notizia della morte del Battista, Gesù esce da Cafarnao e si ritira. La folla lo insegue entusiasta: lo ha visto guarire i malati. I discepoli non sanno come provvedere a tutta quella folla affamata; è fuori di ogni possibilità umana. Cinque pani d’orzo e due pesci sono una cosa insignificante; ancora una volta si rivolgono a Gesù; tutto riporta a lui, capace non solo di sfamare, ma di saziare, di offrire un banchetto di nozze (vedi l’ordine di sedersi come in un grande convito). La molta erba dice che è primavera; la pasqua vicina lega il miracolo dei pani all’ultima cena. Anche i gesti di Gesù sono gli stessi: prendere i pani, rendere grazie, darli a tutti. Da quel giorno i discepoli continueranno a distribuire quel pane alla folla. L’Eucarestia è puro dono.
Domina la sovrabbondanza. Ancora di più colpisce il fatto che tutta quella “grazia di Dio” non è spuntata dal nulla, ma per partecipazione, condivisione. Per questo non è preciso chiamare questo il miracolo della moltiplicazione dei pani, perché erano sempre pezzi dei cinque pani d’orzo. La folla, una volta saziata, lo proclama profeta e Messia, anzi vorrebbe farlo re per via di quella forza straordinaria. Lui, però, si sfila, ritraendosi di nuovo in solitudine. Da allora tocca ai suoi moltiplicare il suo gesto di condivisione e comunione, avendo imparato dal Maestro a spezzare il poco per i molti.
Papa Benedetto, commentando questo Vangelo, riconosce nella moltiplicazione dei pani una sorta di spartiacque nell’attività di Gesù: “Da quel momento il cammino verso la Croce si fa sempre più chiaro; ma la folla non comprende. Nel racconto della Passione anche i discepoli, pur avendo condiviso la vita con Gesù e ascoltato le sue parole, pensavano ad un regno politico, instaurato anche con l’aiuto della forza, ma Gesù non vuole stabilire il suo regno con le armi e la violenza, ma con l’apparente debolezza dell’amore che dona la vita”.