Ascensione del Signore

At 1,1-11; Ef 4,1-13; Mc 16,15-20

Celebriamo la festa dell’ascensione di Gesù. Essa ha un significato cristologico-escatologico: il Signore Gesù che ora siede alla destra di Dio è chi verrà alla fine dei tempi, ed ecclesiologico-cosmico: la Chiesa è chiamata ad assumere il compito di predicare il Vangelo all’intera creazione.

Il Signore Gesù elevato in cielo e intronizzato alla destra del Padre è il Gesù che annunciò il Vangelo con i gesti di terapia, la liberazione di chi era oppresso, la scandalosa commensalità con i peccatori pubblici, i pubblicani e le prostitute. È il Gesù che per amore non fugge davanti alla morte di croce. Il Signore dell’universo ha il volto di Gesù, che per amore si è immerso nel fondo delle tenebre della condizione umana. Egli è signore solo nell’amore e mediante l’amore. Con l’ascensione la carne umana da Gesù assunta è introdotta nella vita di Dio, nella comunione trinitaria. Gesù che è vissuto incontrando gli esseri umani alla luce della volontà del Padre che è nei cieli, asceso al cielo con il suo corpo diventa la via mediante la quale Dio continua a venire a noi. Ora il Vangelo, che è Gesù, è divenuto un messaggio felice per l’intera creazione.

Si colloca qui l’agire della Chiesa. Nel Vangelo Gesù dice ai discepoli: “Andati, predicate il Vangelo all’intera creazione”. Lo stato della Chiesa nella storia è di essere sempre in moto, non ferma e chiusa in se stessa. La Chiesa che va verso la creazione sa che Gesù la precede in Galilea, terra dell’inizio, figura del mondo. Con lo stesso movimento con cui si orienta a Gesù che la precede, la Chiesa si muove verso gli altri. La comunità cristiana ha una identità relazionale: davanti a Gesù e davanti agli altri, non ripiegata in sé. D’ora in poi andare a Gesù è andare verso l’altro. La comunità non fugge dalla storia, non è al riparo dalle contraddizioni e dalle ambiguità della vita, dalle fatiche e dalle incertezze di scelte e decisioni.

La comunità può predicare il Vangelo solo al modo di Gesù, come lo visse Gesù, perché egli è la via voluta da Dio per incontrare l’altro e la via umana con cui Dio viene a noi. Essa predica il Vangelo con una vita da credenti, vivendo insieme a Gesù, seguendo le sue orme, avendo i medesimi pensieri. L’autorevolezza della Chiesa e del discepolo nasce dalla fede, da una fede vissuta, formata dall’ascolto del Vangelo, che scolpisce le relazioni quotidiane, i pensieri, le parole. Nasce dal saper ascoltare le domande e i vissuti degli esseri umani, così come fece Gesù, e dal riconoscere, destare e accrescere in essi la fiducia nella vita. “Dal nostro atteggiamento dipende la conoscenza e l’immagine che gli esseri umani si fanno di Dio. Dio potrà essere buono, giusto e salvatore di un certo uomo solo se, in quel dato momento e in quelle circostanze, sarò buono e giusto con quell’uomo, esercitando verso di lui, in qualche modo, quella potenza di salvezza che mi è stata comandata da Dio” (A. Gesché).