IV Domenica di Pasqua

At 4,8-12; 1Gv 3,1-2; Gv 10,11-18

Il buon pastore è tale, perché depone la propria vita per le pecore. Il dono della vita da parte di Gesù attesta l’autenticità della sua relazione con le pecore. Dire che Gesù è pastore per il dono della vita sino alla morte, trascende ed eccede il piano della funzione. È follia la morte del pastore per il gregge: lo espone a ogni pericolo! Eppure proprio ciò rende possibile un’azione del pastore: radunare il gregge.

Questa relazione di amore è il luogo in cui discernere la nostra fede. Dall’amore il discepolo riconosce il Signore e l’autenticità di una vita cristiana (Gv 13,34-35). La cura della relazione di Gesù con ciascuna pecore fa sì che esse pecore conoscono Gesù, ne ascoltino la voce e lo seguono perché ne riconoscono la voce.

La cura della fede chiede di ascoltare la voce del Signore. In un testo della liturgia leggiamo: “Concedi al nostro cuore come pascolo la tua Parola”. Chiediamo che la nostra interiorità trovi come sua dimora, riposo e cibo la Parola, cioè Gesù stesso. Nel Gesù del Vangelo il discepolo trova ospitalità senza paura, qualunque sia la sua condizione e situazione. La pagina del Vangelo diventa lo spazio in cui ciascuno può essere accolto dal Signore. Così Gesù raccoglie e raduna la sua comunità. La comunità cristiana è il corpo del Signore. Il Risorto che sta in mezzo ai suoi mostra i segni della passione. Quei segni prodotti dal male ora diventano segni dell’amore, del perdono accordato ai discepoli che sono scappati, hanno tradito e rinnegato, e agli uccisori. Il Crocifisso risorto è un corpo ospitale, capace di accogliere tutti e tutto per amore. Non nega la realtà, non è cieco sul male, ma non si ferma a esso né vi è prigioniero né vi blocca gli altri.

Gesù come pastore raccoglie la comunità ospitando e accogliendo tutti e ciascuno. Ascoltando la voce del Signore attraverso il Vangelo e attraverso l’Eucaristia, l’evento che raduna nello spazio e nel tempo la comunità del Signore e la manifesta quale suo corpo, si forma il gregge. Noi rompiamo il nostro isolamento e siamo accolti dal Signore. La comunità cristiana, corpo del Crocifisso risorto e radunata nel pascolo del Vangelo, è chiamata a essere questo spazio aperto per tutti, proprio perché è il corpo del Crocifisso Risorto.

Si configura così un preciso spazio comunitario. Si tratta di vivere e annunciare con fermezza che nessun fallimento è solo di chi lo sperimenta né può mettere fine alla relazione di reciproco dono che è alla base della vita della comunità. Nessuna situazione umana è di ostacolo all’incontro con il Signore, perché egli è già in essa. Questo significa che il pastore è il Crocifisso risorto, colui che porta in sé i segni di una storia di abbandono, peccato, violenza, ingiustizia, rinnegamento. Di essi ha saputo fare non uno spazio di rifiuto o di vendetta ma di accoglienza, trasfigurandoli con il suo amore. Comprendiamo perché deponendo la vita Gesù non disperde il gregge. E grazie al dono dello Spirito deponendo la vita possiamo custodire il legame della fraternità.