Is 60,1-6; Ef 3,2-5.5-6; Mt 2,1-12
I Magi dell’Epifania nella tradizione popolare sono diventati “re” e “tre” per i doni che offrirono. Rappresentano anche i tre figli di Noè, ossia tutta l’umanità. Oggi le loro reliquie si trovano a Colonia, in Germania, frutto del bottino che il Barbarossa sottrasse a Milano nel 1164. I magi erano gli appartenenti alla casta sacerdotale della Persia, l’odierno Iran. Più tardi, con questo nome furono designati i teologi, i filosofi e gli scienziati orientali. Essi con il loro viaggio a Betlemme anticipano e preannunciano la venuta dei popoli pagani al Vangelo. Matteo vuole associare i pagani, fin dall’inizio della vita di Gesù, al regno universale di Dio. Gesù è la luce che illumina i popoli; è la sapienza che sorpassa quella di Salomone e attira a sé tutti i re e i sapienti della terra.
È bella la loro ricerca guidati dalla stella. Si fanno aiutare dalle scritture. Come i pastori erano segno di quelli che, nel popolo d’Israele, avevano custodito l’attesa messianica, così i magi rappresentano i lontani, le genti, compresi coloro che, poveri delle Scritture, si lasciano guidare dalla conoscenza e vera sapienza ai segni che conducono al bambino e a Maria, sua madre.
La stella porta anche alla Madre perché i magi, entrati nella casa, “videro il bambino con Maria sua madre, si prostrarono e lo adorarono”. Solo la visione del Bambino con la Madre porta all’adorazione, alla pienezza di comunione, l’obiettivo di tutto il grande viaggio della fede. L’adorazione che non è umiliazione, ma incontro tra la Santità di Dio e l’umile condizione umana.
Erode, personaggio inquietante, era già “vicino”, ma non “prossimo” al Bambino. Aveva le Scritture già chiare al punto di indicare la giusta via ai Magi, ma non seppe trovarla a sua volta. Altri desideri gli inquinavano la coscienza e nessuna stella poteva rischiarargli l’anima. Oggi, anche noi, siamo vicini alla manifestazione di Dio. Due millenni di cristianesimo sono alle nostre spalle. Ma la fede è sempre cammino e responsabilità personale, oltre che dono di Dio. E anche per noi, a volte, è possibile che quelli “venuti da lontano” giungano prima di noi.
I doni dei Magi – l’oro, l’incenso e la mirra – dicono il segreto di quel Bambino: la sua regalità e la sua divinità. Tra le due, il modo in cui esercita le prerogative divine: con la sofferenza, la croce e il dono di sé. Proprio la mirra, l’amaro unguento usato per preparare i cadaveri, allude a Pasqua. È anche per questo che oggi, dopo la proclamazione del Vangelo, si annuncia il giorno della Pasqua, attorno al quale si incastonano tutti i giorni santi della liturgia cristiana.