Domenica 2 luglio

2Re 4,8-11.14-16; Rm 6,3-4.8-11; Mt 10,37-42

Non c’è antagonismo o sottovalutazione per l’amore al padre e alla madre, al figlio o alla figlia. Eppure trafigge la forza con la quale Gesù chiede che ogni relazione umana sia vissuta in relazione a Lui. Gesù non chiede di “amare di meno”: è il contrario. Solo riferito a Lui ogni legame tra le persone trova fondamento e protezione. Quando Gesù dice che è venuto a portare sulla terra “non la pace, ma la spada” (v.34) si riferisce alla necessità di risanare le ferite della natura umana, i rapporti – compreso quello fra padre e figlio – violenti o falliti. È sotto gli occhi di tutti, spesso vicino o persino dentro la propria famiglia, la sofferenza per la fragilità dei legami affettivi e le fratture dei vincoli d’amore fra uomo e donna. Quello di Gesù è l’invito a convertire le relazioni; nella croce pasquale, di morte e resurrezione, tutto deve rinascere in modo assolutamente nuovo, anche l’amore fra padre e figlio, fra marito e moglie. Il primato richiesto dal Signore è il principio garante di ogni relazione liberata da ogni deviazione idolatrica: solo Dio è Dio.

Accettare di portare la croce è condizione per essere discepoli del Signore e per seguirlo sulla stessa strada. Ognuno è prima di tutto seguace di Gesù e la dignità sta proprio nel pedinare il maestro, scappando da ogni paganesimo. Il discepolo degno del maestro è il cristiano che non cammina dietro all’idolo di se stesso o a quello che emerge nel proprio tempo o nella cultura dominante. Meglio perdere una vita del genere e consegnarsi a Lui, spendendo la propria vita per la causa di Gesù. La tripla sottolineatura – “Non è degno di me” – richiama la tripla domanda di Gesù a Pietro se lo ama più di tutti gli altri. Oggi il Vangelo chiede a tutti di amare “di più” il Signore per amare gli altri. Gesù può non essere amato, ma non può essere amato meno di un altro: non sarebbe il Signore (“Amerai il Signore tuo Dio…”).

Ogni cosa ha senso nell’amore, quando Dio è al primo posto: un bicchiere d’acqua come un momento del proprio tempo; se è grande il desiderio di Dio, allora anche il Vangelo è alla nostra portata. E i rapporti fra noi? Se ci si ama dando il primato a Dio, nulla ci può separare.

In questo Vangelo Gesù disegna il profilo del suo apostolo inviato in gratuità e povertà, soprattutto libero di portare la croce, di offrire la propria vita per trovarla piena. E un apostolo così, accettato, porta il volto del maestro. Nell’apostolo è Gesù stesso che viene ricevuto perché l’apostolo compie la stessa opera del Figlio, la salvezza, perché è capace di un amore più grande di qualunque altro affetto.