Domenica 26 febbraio

Is 49,14-15; 1Cor 4,1-5; Mt 6,24-34

“Non preoccupatevi”: per tre volte Gesù lo ripete nel brano evangelico che si legge nella Messa di questa domenica. Siamo ancora nel contesto del Discorso della Montagna, subito dopo che Gesù ha donato ai discepoli e agli ascoltatori la preghiera del “Padre nostro” (che in queste domeniche, però, non viene letta). L’appello a non preoccuparsi è proprio in conseguenza alla certezza cristiana di avere in Dio un Padre che pensa ai suoi figli e alle loro necessità. Se Dio è Padre che “vede nel segreto” della vita dei suoi figli, questi devono vivere nella fiducia in Lui. Per questo – ecco il primo messaggio del brano di oggi – il cristiano deve sapere scegliere a chi affidare la sua vita: “Non potete servire Dio e la ricchezza”.

La prima preoccupazione del credente in Dio non può essere nei confronti del corpo e delle sue necessità, cibo e vestito, e nemmeno del futuro. La fede cristiana è basata sulla certezza che Dio, quel Padre celeste che nutre gli uccelli del cielo e veste di bellezza i gigli del campo in maniera addirittura più splendente del grande re Salomone, si preoccupa “molto di più” dei suoi figli, anche se questi sono spesso “gente di poca fede”.
Dio è Padre; sa di che cosa i suoi figli hanno bisogno; pensa a loro con amore, provvede alle loro necessità. In virtù di questa certezza di fede, il cristiano deve dedicare la sua vita anzitutto a “cercare il regno di Dio e la sua giustizia”.

L’insegnamento del Vangelo è completato nella Messa, dal breve brano del profeta Isaia, che ci riporta a momenti difficilissimi del popolo d’Israele, che di fronte alla previsione della rovina, si sentiva abbandonato e dimenticato da Dio; a questo popolo senza speranza il profeta grida: “Si dimentica forse una donna del suo bambino?”, dando la risposta più consolante che ci si potesse aspettare: se anche questo potesse avvenire “io non ti dimenticherò mai”.

È, quello che ci viene dato oggi, un messaggio fondamentale del Vangelo: i figli di Dio sanno di essere sempre nella “memoria” di Dio: Lui pensa ai suoi figli, Lui provvede alle loro necessità, Lui non li dimentica. Chi sa questo non può mai, nemmeno nei momenti difficili della vita, pensare di essere abbandonato. Dio, che è Padre, nutre verso i suoi figli un amore “materno”, la sua è una paternità “materna”; i credenti in lui sono “figli delle sue viscere”, le quali si commuovono di fronte alle loro necessità, alle loro sofferenze, ai loro drammi. Consapevoli di questo, i figli di Dio non si lasciano mai vincere dalla disperazione, nelle tenebre in cui la vita a volte li sommerge. Per questo essi devono sempre ricordare che l’unica speranza è “servire Dio” e non le cose della terra, men che meno la ricchezza.
Dio vede e provvede: l’antico detto della fede popolare è espressione vera e fedele dell’insegnamento evangelico.