Domenica 12 novembre

Sap 6,12-16; 1Ts 4,13-18; Mt 25,1-13

Neruda: La metafora è quando parli di una cosa paragonandola a un’altra; per esempio, quando dici “Il cielo piange”, che cosa vuol dire?
Troisi: Che… che sta piovendo?
Neruda: Sì, bravo. Questa è una metafora.

E questa è la metafora più bella dell’esistenza umana: la vita è un uscire per andare incontro allo sposo. L’olio delle lampade serve a far luce per riconoscere il volto dello sposo nelle sue visite quotidiane. Oltre ad essere la parabola dell’incontro finale – alla fine del mondo – quella delle vergini è la traccia di come vivere responsabilmente la vita presente. Tutto ruota attorno all’olio che fa luce ardendo. Per i padri della Chiesa, l’olio è lo Spirito Santo, l’amore di cui arde Dio stesso. Il nostro è consanguineo, è l’amore per i fratelli. È l’amore che ci fa luminosi.

Il tema è nuziale: lo sposo viene e noi gli usciamo incontro. E’ il cammino di conversione, di attesa e di desiderio di Lui. Desiderio e attesa (l’amore per lo Sposo) sono diversi in ognuno; questa diversa misura fa la differenza tra le cinque sapienti e le cinque stolte. All’arrivo dello Sposo si misura questo amore.

Il ritardo dello Sposo è nella nostra vicenda, dove ci si addormenta nel prolungarsi di quest’ultima ora della storia. Se l’olio è la carità, l’amore verso Dio e verso i fratelli, la lampada è la nostra vita che lo dovrebbe contenere. Si comprende perché le sagge non possono darne alle stolte: l’amore è proprietà di ogni anima.

Possiamo anche addormentarci, ma non possiamo mai essere senza amore. Questo il senso della parola forte dello Sposo alle stolte: “non vi conosco”. Quelle vergini non avevano conservato quello che Gesù ha dato in abbondanza a ciascuno, l’amore che ci fa fratelli e che è anticipo del paradiso.