Is 66,10-14; Gal 6,14-18; Lc 10,1-12.17-20
Gesù invia 72 discepoli. Non sono i “dodici” apostoli, ma semplici cristiani, discepoli appunto. E il loro numero indica le “nazioni”, segno che il Vangelo esce dai confini del popolo della Prima Alleanza. Apostoli o discepoli, non cambia la missione, aprono la strada e preparano l’incontro vero e proprio con il Signore stesso. Sono servi umili del Salvatore, ma la loro opera è importante, ha a che fare con la fine della storia e del mondo. Che bello pensare a Gesù che si fa aiutare da questi fratelli nella fatica dell’evangelizzazione!
Grande è il compito, ma piccoli sono i gesti; si parla della casa, della città e della mensa; del saluto che è una benedizione; del mangiare secondo le consuetudini del luogo e del rispetto delle varie tradizioni. Non sono i gesti a cambiare, ma il cuore a motivo del mistero di salvezza che viene annunciato.
I 72 “tornarono pieni di gioia”. Gioia dei discepoli e del Signore che, alla fine, si mostra come beatitudine consegnataci perché siamo Suoi. È questa beatitudine che ci insegna a rallegrarci, mostrandoci di cosa si può gioire, anche nei tempi della prova. Non è una contentezza effimera; si affianca alla sconfitta dei demoni – le potenze del male e della morte – vinti dall’azione dei cristiani che però nasce tutta nella grazia dall’alto (i loro nomi sono scritti nei cieli). La gioia è grande perché il Signore ci ha salvati, ma è anche ardua, più della carità. Per questo madre Teresa diceva alle sue suore che non basta fare il bene; bisogna farlo con gioia.
Il confronto fra gli agnelli e il lupo è un programma; dice che la strada è in salita, fatta di sacrificio e di augurio di una pace diversa da quella del mondo perché nasce dalla vittoria della vita sulla morte, dopo un crudo combattimento. E il rischio della sconfitta è possibile. Lo “scontro” fra agnelli e lupi non è un incidente occasionale, ma la fisionomia cristiana dell’evangelizzatore.
L’insegnamento di Gesù è rivolto alla gioia, ad accrescerla, a farla profonda, vera, potente da sottomettere i demoni. Questa è la gioia dello stesso Gesù, riconoscente al Padre perché preferisce i piccoli e la occulta ai colti. I primi sanno che tutto è grazia; i secondi presumono di meritare.