Gen 14,18-20; 1Cor 11,23-26; Lc 9,11-17
La povertà come condivisione (non è moltiplicazione, ma suddivisione) non è un ornamento della missione apostolica, ma essenziale. Prima del miracolo del pane spezzato per tutti (la carità divide le cose per moltiplicarle), Gesù chiede ai suoi di provvedere a tutto, di offrire alla gente una cena speciale, ricca di significato, strettamente legato proprio all’annuncio evangelico. Qui appare la povertà dei loro mezzi e la sproporzione rispetto a quello che Gesù chiede loro. Gesù “alzò gli occhi al cielo”: quando ci sono problemi difficili bisogna guardare in alto e riferirsi al Padre dal quale tutto si riceve in dono, come questo grande segno di una mensa apparecchiata con poco che però nutre i cinquemila e avanza di dodici ceste. Dodici apostoli ricevono da Gesù i pani e i pesci da dare ai cinquemila; ad ognuno resta una cesta per continuare a nutrire tutte le generazioni cristiane. Le ceste avanzate sono anche segno di tanta gente che attende ancora la dilatazione del dono di Dio; ogni cesta è già pronta perché ciascuno degli apostoli la possa portare fino ai confini della terra.
Gesù sazia la fame di cinquemila persone, facendosi aiutare dai discepoli. Oggi vuole rendere presente e visibile il suo amore gratuito e misericordioso attraverso di noi: è questa la missione della Chiesa e dei singoli cristiani, disponibili ad accogliere e trasmettere la sua misericordia. Così come invoca la bellissima preghiera di S. Faustina Kowalska, umile e grande testimone e messaggera della Divina Misericordia.
“Aiutami, o Signore, a far sì che i miei occhi siano misericordiosi, in modo che io non nutra mai sospetti e non giudichi sulla base di apparenze esteriori, ma sappia scorgere ciò che c’è di bello nell’anima del mio prossimo e gli sia di aiuto.
Aiutami a far sì che il mio udito sia misericordioso, che mi chini sulle necessità del mio prossimo, che le mie orecchie non siano indifferenti ai dolori e ai gemiti del mio prossimo.
Aiutami, o Signore, a far sì che la mia lingua sia misericordiosa e non parli mai sfavorevolmente del prossimo, ma abbia per ognuno una parola di conforto e di perdono.
Aiutami, o Signore, a far sì che le mie mani siano misericordiose e piene di buone azioni, in modo che io sappia fare unicamente del bene al prossimo e prenda su di me i lavori più pesanti e più penosi.
Aiutami a far sì che i miei piedi siano misericordiosi, in modo che io accorra sempre in aiuto del prossimo, vincendo la mia indolenza e la mia stanchezza. Il mio vero riposo sta nella disponibilità verso il prossimo.
Aiutami, o Signore, a far sì che il mio cuore sia misericordioso, in modo che partecipi a tutte le sofferenze del prossimo. A nessuno rifiuterò il mio cuore, nemmeno a coloro di cui so che abuseranno della mia bontà. Non parlerò delle mie sofferenze. Abiti in me la Tua Misericordia, o mio Signore” (Diario).
Madre Teresa di Calcutta, la meravigliosa suora che il prossimo 4 settembre, nel contesto del Giubileo dedicato alla Divina Misericordia, sarà proclamata santa da Papa Francesco, ha consegnato alle sue Missionarie della Carità questo programma quotidiano: Santa Messa e Comunione al mattino, dieci o dodici ore di servizio ai poveri, un’ora di adorazione eucaristica alla sera: “Cominciamo la nostra giornata con la Messa e la Comunione e la terminiamo con un’ora di adorazione, che ci avvicina e ci unisce a Gesù e ai poveri, nei quali gli offriamo i nostri servizi”. Nell’Eucaristia lo vediamo e tocchiamo nell’aspetto del pane, poi invece durante il lavoro nell’aspetto dei poveri, sofferenti, lebbrosi, moribondi, affamati, ignudi, bambini. “In tal modo, restiamo in contatto con Lui durante 24 ore al giorno… Noi siamo contemplativi in mezzo al mondo, perché tocchiamo Cristo per ventiquattrore al giorno”. “Noi – dice ancora Madre Teresa – mettiamo le nostre mani, i nostri occhi e il nostro cuore a disposizione di Cristo, perché egli agisca per mezzo di noi”.