Sap 11,22-12,2; 2Ts 1,11-2,2; Lc 19,1-10
Oggi c’è l’incontro di Gesù con Zaccheo; poco prima, all’ingresso di Gerico, Gesù aveva incontrato un cieco dalla nascita. Per ognuno c’è un momento in cui il Signore fa visita con la sua misericordia. “Oggi” Gesù si ferma a casa di Zaccheo; nello stesso “oggi” la salvezza entra in quella casa, in ogni casa, perché “in fondo Zaccheo è il nome di ognuno di noi” (Silvano Fausti).
Zaccheo è capo dei pubblicani e ricco: la legge escludeva i pubblicani dalla salvezza; il Vangelo esclude i ricchi. Zaccheo, dunque, è un peccatore pubblico, un caso impossibile. I discepoli gli impediscono persino di vedere Gesù. La ricerca di Gesù, da parte di Zaccheo sarebbe stata inefficace se non fosse che, in realtà, era Gesù a cercarlo e a cambiargli nome: “È figlio di Abramo”.
Non solo entra in casa, ma desidera rimanerci, trattenersi: “Oggi devo fermarmi a casa tua”. È un rapporto stabile, profondo. Torna in mente il legame tra la vite e il tralcio. Oggi nessuno è lasciato senza speranza.
È una vicenda nella quale Gesù compie quasi tutti i passi in progressione: si ferma, porta lo sguardo su Zaccheo, lo chiama a scendere, gli chiede ospitalità… Sembra descritta una vera strategia di conquista (un altro nome dell’evangelizzazione) mentre, dall’altra parte, c’è la crescita nella consapevolezza di aver bisogno del Signore, della ricerca di Lui, della gioia per l’incontro con Gesù e la determinazione a cambiar vita con gesti concreti e generosi. All’inizio Zaccheo era salito sull’albero con gesto di rifugio, di separazione; ora invece, dinanzi a tutti, si alza in piedi, dignitosamente.
L’iniziativa è sempre di Gesù; lo era stato con la samaritana e col cieco; lo è con Zaccheo, lo sarà col giovane ricco. E intanto, “tutti mormoravano”! Questo è il peccato di opposizione, il più duro da vincere. Questo è il clima nel capitolo di Luca che vede il Signore andare a Gerusalemme secondo la volontà di suo Padre; da essa viene il senso e il compito di quella giornata. La salvezza è opera di Gesù in obbedienza a Dio che lo ha mandato.
Eugenio Montale (Diario del 71) si è messo dinanzi a questa pagina, proprio “Come Zaccheo”:
“Si tratta di arrampicarsi sul sicomoro
per vedere il Signore se mai passi.
Ahimè, non sono un rampicante ed anche
stando in punta di piedi non l’ho mai visto”.