Ez 2,2-5; 2Cor 12,7-10; Mc 6,1-6
Papa Benedetto commentò questo Vangelo durante la preghiera dell’Angelus (8 luglio 2012) spiegando come i concittadini di Gesù, che lo conoscevano come il "figlio di Maria", il "falegname" vissuto in mezzo a loro, invece di accoglierlo si scandalizzavano di Lui. Cosa in qualche modo comprensibile perché "la familiarità sul piano umano rende difficile andare al di là e aprirsi alla dimensione divina… i miracoli di Cristo non sono una esibizione di potenza, ma segni dell’amore di Dio, che si attua là dove incontra la fede dell’uomo nella reciprocità". Eppure, allo stupore dei concittadini, corrisponde la meraviglia di Gesù: "Anche Lui, in un certo senso, si scandalizza! Come è possibile che non riconoscano la luce della Verità? Perché non si aprono alla bontà di Dio? Gesù di Nazareth è la trasparenza di Dio e mentre noi cerchiamo sempre altri segni, non ci accorgiamo che il vero Segno è Lui, è Lui il più grande miracolo dell’universo: tutto l’amore di Dio racchiuso in un cuore umano, in un volto d’uomo".
Lo stupore può portare alla fede, ma anche al rifiuto. Certo, Dio è grande, Onnipotente. Dio è Dio! Ma la scommessa della fede è la persona di Gesù. Qui è lo scandalo dei concittadini di Gesù, il confronto tra la predicazione e i miracoli e la sua condizione umana, lo scandalo che lo porterà alla Croce: la bestemmia di chi, essendo uomo, si fa Dio. Questa è l’accusa per la condanna a morte.
Tutte le religioni dicono che il mondo di Dio è in alto e lontano. Davanti alle sorprese che Gesù annuncia e fa vedere, nasce la meraviglia, l’incredulità, persino lo scandalo e il rifiuto. Soprattutto al suo paese, là dove ben conosciuta è la sua condizione umana simile a quella di tutti, umile e ordinaria, piccola. La piccolezza è il cuore di questo Vangelo: ci si scandalizza per il farsi "piccolo" di Dio, si scandalizzano i piccoli che sono prediletti dal Signore; ma piccoli sono anche i poveri, gli stranieri, gli stessi discepoli. Ma più di tutti, "piccolo" è Gesù. È lo scandalo della debolezza in cui si cela la forza del Signore. Così umile da mettersi nelle mani della nostra fede, senza la quale non può compiere le opere grandi. Ci vuole coinvolti nell’opera della salvezza. Solo un Dio umile può farlo.
Così un maestro dello spirito: L’umiltà non fa concorrenza a niente. All’estremo limite della potenza, essa è la vulnerabilità di un bambino deposto in una greppia o di un giovane inchiodato su di una croce. Perché, quando nella liturgia si prega "Dio eterno ed onnipotente", è tanto difficile ricordarsi della parola di Gesù: "Chi ha visto me ha visto il Padre"? Non c’è un altro Dio diverso dal Padre di Gesù.
Angelo Sceppacerca