At 10,25-27.34-35.44-48; 1Gv 4,7-10; Gv 15,9-17
Lo stesso amore di Dio! Gesù ha per noi lo stesso amore con il quale è amato dal Padre. La sola cosa che vale è rimanere in questo amore osservando i comandamenti, vivendo in essi e di essi, anche in questo somigliando a Gesù stesso. La nostra gioia è rimanere nel Signore. È un rapporto del tutto nuovo con Dio, quello portato e offerto da Gesù.
Il comandamento dell’amore reciproco ("amatevi gli uni gli altri") non è solo orizzontale, perché riguarda anche il rapporto con il Signore ("come io vi ho amati"). Lui stesso è l’adempimento completo del comando, perché ha dato la vita, come un atto sacrificale di offerta per noi, suoi amici. L’amico non è meno del fratello, ma di più, se possibile, perché indica una predilezione all’interno della comune fraternità dei discepoli. E sono gli amici quelli che assumono e mettono in pratica il comandamento dell’amore.
C’è circolarità fra l’Amore di Dio e il rimanere in questo Amore attraverso l’osservanza dei comandamenti. Questi, però, nella loro molteplicità e varietà, si raccolgono nell’unico che Gesù chiama "suo": "Che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi". Ogni comandamento è via dell’amore. E il peccato è sempre esperienza di assenza o rinuncia all’Amore.
Invitandoci a vivere della pienezza della sua gioia, Gesù si presenta come colui che ne è pieno. Una vera sproporzione rispetto alla nostra condizione abituale, a causa dei nostri peccati. Per meritare e custodire il dono occorre, innanzitutto ricordare che esso è, appunto, un dono di Dio. Ognuno riceve il dono, qualunque sia la sua persona e la sua storia.
È il grande passaggio di Dio in mezzo all’umanità. La fede cristiana non è la salita religiosa dell’umanità verso Dio, ma l’abbassarsi del Dio d’Israele che nel Figlio Gesù scende nella nostra umanità, fino alla morte. Dio si è tutto dato – si è letteralmente messo nelle nostre mani – nella persona di Gesù. Dio è tra noi e in noi. Nel nostro vicendevole donarci la vita.
Angelo Sceppacerca