Dt 4,32-34.39-40; Rm 8,14-17; Mt 28,16-20
In quel tempo, gli undici discepoli andarono in Galilea, sul monte che Gesù aveva loro indicato.
Quando lo videro, si prostrarono. Essi però dubitarono.
Gesù si avvicinò e disse loro: «A me è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra. Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo».
Il Vangelo di Matteo termina con un apostolo in meno. Sono undici, non più dodici, i discepoli convocati sul monte per l’invio missionario sino ai confini della terra. La ferita nel collegio apostolico dice sempre la sproporzione tra la santità del compito e la povertà del mezzo; è la storia di ciascuno di noi. Da notare l’accostamento: i discepoli si prostrano davanti a Gesù, ma dubitano; hanno fede e conservano il dubbio, la fatica di credere. Forse per questo Gesù non solo si fa vedere, ma si avvicina, riduce ulteriormente la distanza e moltiplica l’incoraggiamento, basandosi sulla sua potenza: "A me è stato dato ogni potere in cielo e in terra! Andate, dunque!".
La grande missione di far discepoli tutti i popoli, figli dell’unico Dio che è Padre, Figlio e Spirito Santo, è attuale anche oggi; siamo sempre all’inizio del mandato poiché in molti luoghi deve essere ancora intrapresa, ma anche perché in altre terre deve essere ri-cominciata da capo. Non si dice, infatti, che viviamo in Paesi post-cristiani? In società secolarizzate? Quanti luoghi – di antica fede cristiana – oggi sono letteralmente dei deserti di rovine?
Ciò che fa fiorire il deserto è la promessa – mantenuta! – della presenza di Gesù fra noi, fino alla fine del mondo. La storia della Chiesa, la fede dei santi e dei piccoli, i miracoli, la bellezza della dottrina, la testimonianza di tanti… ne è la prova. Tutti i giorni facciamo l’esperienza della sua presenza.
Emerge la figura di Gesù maestro, che trasmette ai discepoli il potere ricevuto dal Padre. La convocazione sul monte in Galilea è immagine della liturgia, la messa domenicale. Lì facciamo esperienza della sua presenza nell’Eucaristia, nella Parola, nella fraternità della comunione, nel mandato missionario.
L’unità è il segno della sua presenza fra noi. L’unità è anche il testamento di Gesù ("che siano una cosa sola come noi… siano perfetti nell’unità"). Scrive Chiara Lubich: "L’unità, che divina bellezza! Chi potrà mai azzardarsi a parlare di lei? È ineffabile! Si sente, si vede, si gode, ma è ineffabile. Tutti ne godono della sua presenza, tutti ne soffrono della sua assenza. È pace, è gaudio, è ardore, è amore, è clima di eroismo, di somma generosità. È Gesù fra noi! … E io mi sono resa conto che oggi il mondo che non crede o che crede diversamente è particolarmente toccato da questa presenza di Gesù".
Angelo Sceppacerca