Sof 3,14-18; Fil 4,4-7; Lc 3,10-18
L’educazione e l’insegnamento iniziano con il suggerimento delle domande giuste da porsi: “Che dobbiamo fare?”. Questo è il compito del grande profeta Giovanni il Battista. L’angelo che ne aveva annunziato la nascita al vecchio Zaccaria, aveva detto di lui: “Ricondurrà il cuore dei padri verso i figli” e “Preparerà al Signore un popolo ben disposto”. Chiedersi cosa far esprime il desiderio di trovare una via di conversione. Questo è anche il significato dell’Anno Santo della misericordia.
Folle, pubblicani-esattori, soldati. Nessun lavoro è cattivo, né impedisce la sequela di Gesù, purché venga fatto con umiltà e obbedendo alla legge di Dio. Ne fa parte anche la condivisione delle tuniche, quando se ne possiedono due. Ancora estremamente attuale, poi, è l’ammonimento a non utilizzare il proprio impiego per ottenere favori, a non farsi corrompere esigendo denaro. E ancora non siamo arrivati a Gesù; questa è solo la base della giustizia, è la preparazione all’incontro.
La sentenza che Gesù il Cristo emetterà sulla storia, dice Giovanni Battista, è una buona notizia. Perché il giudizio divino è indirizzato al rinnovamento e alla liberazione. Il Vangelo è questa opera potente della misericordia divina. Il battesimo di Giovanni è chiamata alla conversione, il battesimo di Gesù in Spirito Santo e fuoco è dono di vita nuova e dell’adozione a figli di Dio! L’immagine del badile che ripulisce l’aia è annuncio di Pasqua e di liberazione dalla morte significati dalla paglia gettata nel fuoco.
Giovanni si rivolge a tutti. Non c’è protezione e garanzia dall’appartenenza ad una tradizione religiosa; il dono di Dio si accoglie con radicalità sincera e concreta, che veramente faccia nascere segni di conversione. Nessuno è escluso dalla salvezza, perché tutti abbiamo bisogno di essere salvati. Con Giovanni si fanno i primi passi, con Gesù la nostra vita nuova dovrà mostrare i segni/doni dell’essere figli di Dio.