Un quadro in tre pannelli. Quello al centro – la vedova – si spiega con quello che lo precede e quello che lo segue. Il primo è il comando di Gesù a guardarsi da persone pericolose e dà le indicazioni per riconoscerle; sono quelli che vogliono distinguersi e mostrarsi al di sopra degli altri, nella sinagoga e nei banchetti: superbi e ingordi, finti anche quando fanno vedere che pregano a lungo. È l’unica volta che Gesù condanna qualcuno, non un peccatore, ma la casta religiosa al potere.
Poi il pannello centrale, la vedova. Gesù è seduto di fronte al tesoro, il vero Dio del tempio e degli scribi. In mezzo alla folla, una vedova povera, il massimo della desolazione, dona tutto quello che possiede per vivere. Gesù denuncia gli scribi che avevano camuffato il vero volto di Dio il quale aveva stabilito che, con le offerte del tempio, bisognava soccorrere le vedove e gli orfani. Qui, dinanzi a Gesù, avviene il contrario: le vedove si riducono in miseria per incrementare il tesoro del tempio. Il terzo pannello è dato dal lamento di Gesù per questa donna che sfocia nella più drammatica delle profezie riguardanti il Tempio di Gerusalemme. Al discepolo che lo invitava ad ammirare quegli edifici, risponde: “Vedi queste grandi costruzioni? Non sarà lasciata qui pietra su pietra che non venga distrutta”.
Nell’avvicinarsi della Passione giganteggia la figura di questa piccola donna. È lei a suggerire la via semplice per essere graditi a Dio. Affascina la normalità del gesto con cui mette in pratica il primo comandamento – “Amerai il Signore tuo Dio” – e, al tempo stesso, s’intravvede la sua speranza tutta riposta nel Signore che provvederà a nutrirla. Avendo dato tutto quello che ha per vivere, le resta solo l’amore di Dio.
Gesù, seduto di fronte al tesoro, osserva. È l’immagine escatologica del Signore che siede e giudica. A Lui non sfugge nulla, neppure il bicchiere d’acqua dato con un sorriso. Sembra niente, come quei due spiccioli della vedova; invece “è più di tutti gli altri”.