Gen 3,9-15.20; Ef 1,3-6.11-12; Lc 1,26-38
Mai, prima di Maria una donna è stata salutata così da Dio. Un saluto inaudito che annuncia l’assoluta novità portataci da quel concepimento e dalla nascita di Gesù. Maria è scossa da questa parola che l’ha raggiunta nella sua casa, perché le dà peso e si chiede cosa vuole dirle questo saluto di grazia. Timore, accoglienza e custodia nella meditazione, dovrebbero essere anche i nostri atteggiamenti nei confronti della Parola che ci saluta ogni giorno.
Il figlio di Maria, Gesù, è grande fin dal seno della madre, e si mostrerà grande con la sua risurrezione e glorificazione. L’angelo, mandato da Dio, dice chi è, nella storia della salvezza, il protagonista assoluto.
L’invito di Gabriele a gioire, è la parola giusta, ma è anche incitamento alla gioia, motivato dalla presenza del Signore in mezzo al suo popolo. È questa presenza nella carne che fa di Maria la “piena di grazia”, tutta avvolta dal dono di Dio.
L’Annunciazione del Beato Angelico ha due soli personaggi: l’angelo Gabriele e Maria, più alti delle colonne; Maria addirittura altissima, senza proporzioni nei confronti dello stesso angelo, per indicare la sua eccelsa dignità di Madre di Dio. Mentre continua a fissare l’angelo, Maria si inchina, per obbedire alla volontà di Dio, e porta le mani al petto, per accogliere trepidante il Verbo che si fa carne. Gabriele, di profilo, si piega davanti a lei per renderle omaggio.
“Ero in piedi e l’ho visto contro luce davanti alla finestra. Le sue prime parole sul mio spavento sono state: Shalòm Miriàm. Prima che potessi gridare, quelle parole mi hanno tenuto ferma. Sono rimasta muta. Era tutta l’accoglienza che gli serviva, mi ha annunciato il figlio. Destinato a grandi cose, a salvezze, ma ho badato poco alle promesse. In corpo, nel mio grembo si era fatto spazio. Una piccola anfora di argilla ancora fresca si è posata nell’incavo del ventre. Ero in piedi, schiena dritta, un’agilità nuova mi dava slancio, mi accorgevo di essere più alta e più leggera precisamente al centro del corpo, sotto le costole nell’ansa del ventre. Mentre accadeva guardavo in basso, la veste fino ai piedi. Sotto, il mio corpo chiuso era calmo come un campo di neve. Mentre parlava io diventavo madre. Portava parole e semi, a me ne bastava uno”. Così Erri De Luca, raccoglie alcuni pensieri di Maria.