Domenica 10 agosto

1Re 19,9.11-13; Rm 9,1-5; Mt 14,22-33

Dopo il segno miracoloso dei cinque pani condivisi in moltitudine, il Vangelo di oggi mostra un altro eccesso, un miracolo apparentemente inutile: Gesù cammina sulle acque mentre i discepoli faticano nella traversata, sembrano portarne tutta la fatica. Allora ci vuole una lettura simbolica per trovare i due volti della fede: dopo la fede come dono viene la fede come responsabilità.

I discepoli non sono impressionati dal duro sforzo necessario alla navigazione; quello che li colpisce è la venuta inaspettata di Gesù. Lo vedono venire, camminando sull’acqua agitata! Non gli viene in memoria la potente immagine del popolo di Dio che attraversa il mare uscendo dall’Egitto. Il segno di questo Vangelo descrive la vita come una strada sulle acque del battesimo per passare dal peccato e dalla morte alla nuova terra che è la Casa del Padre. Gesù non è un fantasma, ma lui stesso è la via sul mare che porta la salvezza.

Pietro chiede di poterlo fare anche lui. Gesù accetta la richiesta e Pietro gli va incontro camminando sulle acque. Poi, però, "vedendo il vento s’impaurì". Grida al Signore di salvarlo e riceve il doppio rimprovero di Gesù: "Uomo di poca fede, perché hai dubitato?". È la fine della notte, quando il gallo canta. Anche alla fine del Vangelo di Matteo torna il dubbio dei discepoli dinanzi al risorto: lo adorano, ma dubitano. Forse il dubbio è inevitabilmente interno alla fede; certamente la fede è sempre miracolo e dono.

Precedentemente era stato Gesù il primo ad andar solo sulla barca; questa volta il mandarli soli è una sua imitazione. Anche nella nostra vita è necessario, in certi tratti, andare soli. C’era la folla, ma viene mandata via. Il discepolo è in un tratto decisivo della vicenda della propria fede. A tu per tu. Per questo grida: "Signore, salvami". La mano data da Gesù a Pietro per sostenerlo sembra diventare un abbraccio.

Angelo Sceppacerca