Is 55,10-11; Rm 8,18-23; Mt 13,1-23
Viaggi. Gesù esce verso la folla e il seminatore esce per seminare. È il viaggio dell’amore di Dio. Pure gli Atti degli apostoli parlano dei viaggi di Paolo per portare il Vangelo. Ovunque. Lo dice anche l’ampiezza del gesto del seminatore; nulla è casuale; decisiva è l’accoglienza del terreno, ma l’origine dell’iniziativa è sempre in Dio. Non siamo noi al centro.
Matteo raccoglie gli insegnamenti di Gesù per aiutarci a comprendere la severa citazione di Isaia. La capacità d’intendere è un dono, dato da Dio e ricevuto da noi; quando trova orgoglio e durezza di cuore, allora il dono resta incompreso e la porta del Regno sta chiusa. È in questo modo – l’accoglienza docile o il presuntuoso rifiuto – che Dio stabilisce la separazione tra la vanità dei "sapienti" e la fertilità del cuore dei "piccoli", dando confusione ai primi e beatitudine ai secondi.
L’analisi dei terreni dice il dramma dell’incontro tra Dio e l’uomo. Il Signore compie il suo viaggio fino ad ogni uomo; il problema non è mai quello del "seme" e neppure del solo terreno. È sempre la storia di Dio e dell’uomo insieme: il nostro dramma è anche il suo. Infatti a che serve un seme che non porta frutto? Dio si coinvolge interamente, ci ama e non ci abbandona. Accogliere il seme e comprendere la Parola. È uno stare insieme, un vivere l’uno dentro l’Altro. Seme e terreno, Parola e discepolo del Regno non possono più separarsi. Né si deve giudicare o eliminare nessuno, ma ininterrottamente riproporre la meraviglia del Vangelo a tutti che sono, consapevoli o meno, nostri compagni nel viaggio verso il Padre.
Gesù è uscito dal Padre per questo. Per rifare giardino il deserto. Questa è una parabola, ma importante, perché c’è già tutto. Non nascondiamo questo dono.
Angelo Sceppacerca