Zc 9,9-10; Rm 8,9.11-13; Mt 11,25-30
Gesù innalza al Padre una bellissima preghiera di lode. Potremmo anche noi impararla a memoria e con essa medicare il cuore. Gesù ringrazia il Padre per il dono della Parola. Un dono nascosto ad alcuni non perché Dio è ingiusto, ma perché quelli che si credono "sapienti e intelligenti" in realtà hanno il cuore indurito e la Parola non può educarli. I piccoli e i semplici, invece, lo capiscono il Vangelo e si riempiono di gioia.
La preghiera più bella perché porta la notizia più grande, quella di un Dio che è Padre, con tutte le conseguenze sull’amore fraterno, perfino verso i nemici, e la pace con tutti.
Infine, il dono della consolazione per tutti quelli che si sentono stanchi, nessuno escluso. Dinanzi all’oppressione della legge, la medicina è la mitezza e l’umiltà di cuore per accogliere docilmente ogni Parola del Padre, anche quelle incomprensibili.
Parole belle e importanti: "Imparate da me", "Troverete ristoro". È la parola della colomba di Noè che torna indietro perché l’arca era l’unica cosa che emergeva dalle acque. E il "giogo" dolce sta a dire che, per chi ama il Signore, la legge non è una catena, ma un braccialetto d’oro che lega questo incontro amoroso. Da qui l’invito di Gesù ad imparare da lui la mitezza: è il modo perfetto per imparare la legge nuova.
I sapienti e gli intelligenti sono i sani che non hanno bisogno del medico. I piccoli, invece, hanno bisogno della misericordia del Signore. Il giogo leggero è la misericordia. Gesù stesso è il primo di questi piccoli perché riconosce di aver ricevuto tutto dal Padre. È come se dicesse che la predilezione di Dio è per quelli che da soli non ce la fanno.
"Venite a me". È la direzione di ogni preghiera. È la direzione di ogni cammino.
Angelo Sceppacerca