Ez 37,12-14; Rm 8,8-11; Gv 11,1-45
Lazzaro è malato e muore; attorno a Gesù tanti malati. La malattia è la condizione di tutti gli uomini e il Signore per ognuno ha grande misericordia. Anche il gesto di Maria, che unge il Signore e asciuga i suoi piedi con i capelli, insieme al pianto della peccatrice ai piedi di Gesù, parlano di tenerezza per la misericordia che Dio riserva ai peccatori, come nell’episodio dell’adultera perdonata. La gloria del Figlio di Dio è la sua misericordia per l’uomo malato e peccatore.
La malattia non è un fatto che sbuca all’improvviso, ma un promemoria tipico dell’uomo, un dato della sua condizione. C’era un malato, a Betania. Il fatto di Lazzaro è la vicenda di un malato. La sorella, Maria, descritta dal suo gesto ("quella che cosparse di profumo il Signore"), in qualche modo condiziona la vicenda familiare: Lazzaro è malato, ma è il fratello di Maria, è anche l’amico amato da Gesù. Prima ancora della guarigione, sono in campo i sentimenti, la predilezione, la misericordia, l’amore. C’è legame profondo tra Gesù e l’uomo malato, come è stato per l’elezione d’Israele e tutto il suo cammino verso il Messia.
È Gesù ad annunciare e spiegare il senso e la direzione della malattia: non è "per" e "verso" la morte, ma "per" e "verso" la gloria di Dio. La morte è tappa inevitabile, ma è la gloria il fine nuovo e inaspettato che la malattia dell’uomo riceve da Gesù.
Gesù amava: questa è la prima e la più importante parola del Vangelo. Gesù amava Marta, Maria e Lazzaro al punto di decidere di andare in Giudea, dove i Giudei cercavano di ucciderlo. Il suo amore di Gesù è misurato sul dono della vita. L’amore trasforma tutto, persino la morte in un sonno, dal quale si può essere risvegliati. Propriamente l’amore è solo di Dio. È il Suo Nome: "Dio è amore". L’amore contiene il segreto di Dio e della nostra vita. Ed è anche il segreto della potenza messa in campo nel miracolo della risurrezione di Lazzaro, che non è un atto di magia, ma è il segno di quanto Gesù lo ami.
I miei giorni camminano / davanti ai tuoi / e danno loro un senso. / Essi ti hanno strappato / alla tua dimora eterna / facendoti / il primogenito dei perduti. / Tu, Dio, ora non sei / che un nostro fratello / tentato e triste / fino alla morte / fino alla disperazione. / Hai sofferto in te / ogni nostro dolore. / Noi ti sentiamo vicino solo / nel tuo lamento / e nel tuo pianto / sulla fossa di Lazzaro. / Ora la nostra carne non ti abbandona: / sei un Dio che si consuma / in noi. Un Dio / che muore. (Turoldo)
Angelo Sceppacerca