1Sam 16,1.4.6-7.10-13; Ef 5,8-14; Gv 9,1-41
Dopo la dichiarazione di Gesù: "Io sono la luce del mondo, chi segue me non camminerà nelle tenebre ma avrà la luce della vita", che ha introdotto il tema del vedere, viene il segno, la guarigione di un cieco; alla fine di questo capitolo Giovanni concluderà con queste parole del Signore: "È per un giudizio che io sono venuto in questo mondo, perché coloro che non vedono, vedano e quelli che vedono, diventino ciechi". Luce e vedere sono sinonimi della fede e questo Vangelo dice le condizioni per arrivare alla fede in Gesù, che è la vera vita.
La domanda dei discepoli è posta davanti al cieco: è lui che ha peccato o i suoi genitori? Per gli ebrei ogni difetto fisico deriva da un peccato. Gesù risponde che questo cieco non denuncia un peccato, ma è simbolo e segno della salvezza che è portata da Lui. Per questo dovrà lavarsi nella piscina di Siloe "che significa inviato", nel senso "del mandato da Dio", il Messìa. La piscina di Siloe è la piscina di Gesù.
La guarigione del cieco è anche simbolo del Battesimo e come il cieco acquista la luce nell’acqua dell’Inviato così il battezzato acquista la luce nell’acqua del Battesimo. Le dispute che seguono la guarigione (perché ci vede? Chi l’ha guarito?) corrispondono alla domanda della fede: chi ci salva? Il Battesimo esige la consapevolezza di chi è Gesù. Anche il cieco pian piano si rende conto di chi ha operato la guarigione e solo alla fine capisce veramente cosa gli è accaduto. Nel cieco è presente la condizione dell’intero genere umano avvolto dalle tenebre che sono la condizione nella quale il Signore incontra la nostra vicenda e la risana con la sua potenza di salvezza. La polvere dell’uomo s’incontra con la saliva del Figlio di Dio.
Il cieco nato era un mendicante. La sua condizione di cieco lo fa prigioniero, ma egli attende l’aiuto e supplica la guarigione. Davanti all’azione di Gesù i farisei non sanno cogliere il significato profetico del sabato che non è per la proibizione, ma per la festa dell’opera di Dio. Il fariseismo è sempre in agguato quando la pretesa capacità dell’uomo di vivere secondo la Legge dice che lui non bisogno di essere salvato. Il cieco guarito, invece, alla fine compie il suo atto di fede, con la parola e con il gesto dell’adorazione.
Angelo Sceppacerca