Gen 2,7-9; 3,1-7; Rm 5,12-19; Mt 4,1-11
Il ricordo delle tentazioni di Gesù, dà senso alle tentazioni che abbiamo ogni giorno e le mostra come occasioni per rinnovare la fede e abbandonarci nelle mani del Padre. Chiedendo perdono per ogni volta che non ci siamo sentiti figli di Dio.
La tentazione di Gesù ha un nocciolo teologico. Viene subito dopo la rivelazione che Gesù è Figlio di Dio. Questa figliolanza è messa in discussione, tutto il resto – addirittura – ha un aspetto positivo: il pane, gli angeli, la religione.
L’iniziativa della tentazione sembra venire da Dio stesso. Come fu per Giovanni Battista: è lo Spirito a spingerlo nel deserto per essere tentato; ma è Satana che lo tenta. Questo significa che non è Dio a tentare, ma è Dio che decide di confrontarsi con il male e fin da subito a indirizzarsi e a disporsi alla passione. La signoria è sempre di Dio.
Alla fine è il demonio a lasciare Gesù. Nella prova Gesù non fugge; è il diavolo ad andarsene. Occorre coraggio, ma si può resistere e restare nella prova, sostenuti dallo stesso Spirito che ci ha condotto a questa battaglia.
Gesù ha vinto il demonio del potere, del denaro, del successo, ha vinto la tentazione di escludere Dio dalla vita umana, come gli uomini hanno creduto di poter fare sin dalle origini: questa vittoria è la nostra forza.
Il digiuno di quaranta giorni ricorda il cammino di quarant’anni fatto da Israele; la strada della libertà è lunga e l’uomo è tentato proprio fidandosi di se stesso. Preghiera e digiuno quaresimali vanno insieme alla riscoperta della Parola di Dio.
Queste sono le grandi linee della fede: il primato esigente della Parola di Dio; la consegna umile e filiale al Padre; lo smascheramento degli idoli e di ogni realtà che vuole imporsi come assoluto. L’adorazione è il grande segreto della libertà cristiana.
Angelo Sceppacerca