Ml 3,1-4; Eb 2,14-18; Lc 2,22-40
La norma liturgica stabilisce che, in caso di coincidenza, le feste in giorno fisso non prevalgano sulla Domenica, eccetto che si tratti di feste del Signore. È il caso del 2 febbraio di quest’anno, festa della Presentazione del Signore, che coincide con la quarta domenica del tempo ordinario.
Il tempo natalizio si è concluso con la festa del Battesimo di Gesù. L’episodio narrato nel Vangelo di oggi, pur trattando di Gesù bambino, appartiene già al tempo di Pasqua. Simeone e Anna, i due anziani profeti, indicano il destino d’incomprensione e di dolore di quel bambino. Maria e Giuseppe ascoltano con stupore la predizione sul destino di Gesù. Già s’intuisce il mistero di morte e resurrezione del Signore che trapassa il cuore della Madre.
La scena è nel tempio di Gerusalemme, unico e sommo luogo sacro del popolo d’Israele, che custodiva le tavole della Legge di Dio – segno della gloria e della vicinanza di Iahvé – e brulicava quotidianamente di pellegrini, sacerdoti, addetti, mercanti. Una folla chiassosa e indaffarata. Quel giorno, quasi nascosti e anonimi, Maria e Giuseppe portano il loro piccolo per adempiere le prescrizioni e compiere l’offerta. Solo due vecchi, Simeone e Anna, si accorgono di loro, li riconoscono e, dopo tanti anni di silenzio e attesa, tornano a profetizzare. Simeone riconosce in quel bambino il Signore, il Messia di Israele, l’atteso delle genti. Finalmente l’ha visto! Ora può morire in pace. La paura della morte è vinta, perché Dio si fa vicino al nostro limite, alla condizione umana. Anche Anna, ormai vecchia e vedova da tanti anni, trova finalmente lo Sposo di Israele. Le grandi paure dell’uomo, la morte e la solitudine, si dissolvono: Dio si fa compagno dando senso alla vita e speranza dinanzi alla morte.
Il canto di Simeone è la preghiera che chiude la liturgia di ogni giorno, a Compieta: mentre scende la notte, si alza l’inno di gioia e di salvezza. Come il vecchio Simeone, anche l’uomo, al limite del suo giorno e del suo tempo, non è più avvinto dalle ombre di morte, ma può abbracciare il Signore che salva.
Anche Anna, molto avanzata negli anni, riceve la grazia di vedere il volto di Dio. Anna mostra l’età dell’umanità che, dopo una giovinezza brevissima (il paradiso delle origini!), ha perso lo sposo e vive una vita vuota e disperata. Come Anna, anche noi non dobbiamo lasciare il tempio, ma continuare ad attendere e ricercare, con preghiera e desiderio, il volto di Dio per ascoltarne la voce.
La visione del volto di Dio è luce, splendore. È per questo che dal V secolo la festa di oggi è anche chiamata festa delle luci, accompagnata dal rito della benedizione e processione delle candele. Gesù è la luce delle genti. Questa è la motivazione del fatto che, secondo tradizione, le candele benedette oggi vengono preziosamente conservate a presiedere tutti gli avvenimenti significativi della vita familiare, dalla nascita alla morte.
Angelo Sceppacerca