Es 32,7-11.13-14; 1Tm 1,12-17; Lc 15,1-32
Pubblicani e peccatori si avvicinavano a Gesù per ascoltarlo, ma è il Pastore ad andare a cercare e a trovare la pecora. Il peccatore, prima ancora che si converta, è cercato. È Dio, per primo, a gioire per il ritrovamento. Nella conversione fa quasi tutto Lui; a noi è sufficiente la partecipazione.
Dopo le parabole della pecora e della moneta, viene quella del rapporto fra un padre e un figlio che si separa e pensa di aver consumato la sua figliolanza, infatti considera i salariati più fortunati di lui. Il padre continua a chiamarlo figlio. Sconvolge un padre che si fa più piccolo dei due figli. Questi, invece, si mostrano piuttosto come servi. Anche la festa finale mostra la sproporzione del cuore del padre, non è frutto del ritorno dei figli.
La misericordia di Dio è un mistero incomprensibile. Mentre il minore si lascia festeggiare, il maggiore entra in crisi perché ha un cuore diverso dal padre. Gli manca anche quello sguardo capace di perdonare da molto lontano. Il figlio maggiore ha diverse ragioni per considerare malizioso il fratello minore e ingenuo il padre. In realtà, la misericordia ha tutte le ragioni solo in se stessa e solo chi ha coscienza del proprio peccato ne avverte il bisogno.
Se l’iniziativa della salvezza è di Dio, la gioia e la festa saranno piene quando tutti, anche i giusti, si convertiranno. E secondo Paolo il punto di arrivo della storia sarà la conversione d’Israele. Nel Vangelo Gesù fin dall’inizio mangia con i peccatori. Ora invita anche quelli che si credono giusti, perché vuole convertirli. Ma la loro conversione è più difficile di quella dei peccatori perché non sanno che la misericordia di Dio non è proporzionata ai meriti, ma alla miseria.
Dio non ci ama perché siamo bravi, ma perché siamo suoi figli. Se il valore di una cosa si scopre nella sua perdita; il nostro si è svelato nella morte di Dio per amore. Un valore smisurato perché pari all’amore incommensurabile. È bello pensare che questa parabola non parli della conversione del peccatore alla giustizia, ma del giusto alla misericordia, perché la radice del peccato è la cattiva opinione sul Padre.
Angelo Sceppacerca