Es 3,1-8.13-15; 1Cor 10,1-6.10-12; Lc 13,1-9
Due fatti di sangue; oggi sarebbero nelle pagine di cronaca nera: un’uccisione e un incidente. Nel primo caso è l’uomo a essere malvagio; nel secondo è il creato. In entrambi domina il potere della morte che l’uomo vive come violenza inaccettabile. E il credente si pone la grande domanda: perché Dio permette le violenze e i terremoti? A guidare una storia piena d’ingiustizia e una natura insensata sembra sia il demonio piuttosto che Dio. Il male, inspiegabile alla ragione, provoca la fede: può annientarla o ingigantirla. La differenza sta nel "vedere" cosa c’è dietro gli avvenimenti, chi viene a visitarci in questi "segni" del nostro tempo.
Gesù non fa preferenze tra i soldati di Pilato che fanno strage dei ribelli Galilei e questi ultimi: sono insieme vittime dello stesso peccato, il potere, la ricchezza, la forza. Nello scontro, perdono i più deboli, ma ci può essere alternanza, perché la violenza genera sempre altra violenza. L’unica alternativa per vincere tutti i mali è l’amore, comportarsi come Gesù che si fa carico del male di tutti. Anche le calamità naturali non saranno più viste come una punizione, ma come un richiamo alla conversione. Il peccato che ha guastato l’uomo ha danneggiato anche la natura, condannandola all’assurdità, al non senso.
Solo davanti a Cristo i segni del tempo aiutano a capire la nostra vita e, persino, la violenza della natura scarica il potere di fatalità e offre la possibilità di riprenderla a partire dalla propria conversione. Questo è il senso della proroga concessa al fico sterile prima che venga tagliato. Anche questo – il nostro – è l’anno della pazienza e della misericordia di Dio. Dio è buono. La cattiveria non può impedire a Dio di essere buono. E ogni tempo è urgente perché è sempre visitato dalla parola e dai segni del Signore.
Convertirsi è urgente perché c’è bisogno di vita nuova, di frutti buoni, di dare un senso e un volto nuovo persino alla morte, non più vista come punizione e destino, perché la destinazione della vita è la pasqua, la vittoria sulla morte.
C’è un segreto di misericordia nel fico sterile, nel rovesciamento di questa storia. Il padrone della vigna è Dio nel momento terribile del giudizio finale. Il vignaiolo è Cristo e toccherebbe a lui il taglio dell’albero sterile. Ma qualcosa accade nella relazione tra il Padre e il Figlio; si dilata il tempo – un anno – come nuova possibilità. Tutto è grazia; anche la nostra conversione è opera di Dio in Gesù.
Angelo Sceppacerca