Is 2,1-5; Rm 13,11-14; Mt 24,37-44
Non conoscere l’ora del ritorno del Signore può provocare paura, ma è il solo modo per vivere il presente. Il cuore trova pace perché sa che è il Padre a "prendere" o "lasciare" e Lui solo sa vedere nel segreto, nel fondo della vita. A noi tocca star pronti, come quelli che erano stati invitati al pranzo di nozze, o come quelle dieci vergini che attendevano lo sposo.
Non conosciamo l’ora, ma sappiamo che il Signore verrà, anzi viene, per questo stiamo vigili, in attesa. La veglia addirittura rende presente il Signore nel desiderio quotidiano, anche se la pienezza è in un tempo futuro.
Sappiamo che Noè è entrato nell’arca prima del diluvio (mentre tutti se la godevano lui, per fede, costruiva un’immensa barca all’asciutto!) e si è salvato; sappiamo che Cristo è venuto e che il suo sacrificio ha cambiato la storia. Perciò viviamo come se fosse presente – ma lui è già presente – nella pace e nella quiete vigile che è la carità.
Dopo quello del diluvio al tempo di Noè, Gesù si paragona a un ladro che viene nella notte e a un padrone di casa che non sorveglia. Proprio il non sapere l’ora, invece, dovrebbe convincerci della necessità di vigilare sempre, di star sempre "pronti", preparati! Tutta la vita è tensione a quell’ora. La vigilanza è l’atteggiamento nel quale si vive ogni frammento di vita personale e comune come fosse enormemente prezioso, anzi, il solo a disposizione, perché è l’attimo presente. Quando a santa Teresina morente fu chiesto se non aveva paura del ladro che stava per giungere, ella rispose che lo aspettava con desiderio.
Ogni venuta del Signore lascia un segno. L’incontro con Dio è sempre segno del giudizio sull’uomo: di salvezza o di (auto)condanna. Alla trepidazione e al timore di essere puniti, preferiamo un atteggiamento di attesa felice e implorante perché il Figlio di Dio venga presto ad accorciare la notte e a far avanzare la luce.
Non è detta la diversità tra i due uomini nel campo, né tra le due donne che macinano. Eppure uno/a sarà preso/a e l’altro/a lasciato/a! È un intreccio tra ordinario e straordinario del cristianesimo nella storia: niente di eccezionale all’apparenza, ma sconvolgimento nel profondo della vita di ognuno.
Angelo Sceppacerca