Domenica 9 settembre

Is 35,4-7a; Gc 2,1-5; Mc 7,31-37

Sotto gli occhi di dieci città portano a Gesù un uomo sordo e muto, perché operi il miracolo. Gesù, prima di tutto, lo allontana dalla folla, poi, toccandogli gli orecchi e la lingua, emette un sospiro e, nel suo aramaico, dice: "Effatà, apriti". Si realizza la profezia d’Isaia: "Dite agli smarriti di cuore: coraggio! Non temete; ecco il vostro Dio. Allora si apriranno gli occhi ai ciechi e si schiuderanno gli orecchi ai sordi".

L’uomo è la parola che ascolta e alla quale dà risposta. Se ascolta Dio, divinizza; Eva, che diede ascolto al serpente, partorì il primo omicida; Maria ha ascoltato Dio e ha partorito la salvezza per tutto il male del mondo. Se Dio è parola, l’uomo è prima orecchio e poi lingua. Anche i dieci comandamenti, incisi sulla pietra dal dito di Dio, sono preceduti dal comando divino: "Shemà Israel. Ascolta, Israele. Il Signore Dio nostro è l’unico Signore!". Riaprire l’udito e sciogliere i nodi della lingua sono sì un miracolo, ma soprattutto sono segni del dono battesimale quando l’uomo, diviene figlio di Dio e impara a chiamarlo Padre; professando la sua fede, si fa ascoltatore di Gesù.

Dopo il miracolo, Gesù comanda di non parlare, ma tutti annunciano quello che è avvenuto e sono stupiti. Colpisce la reazione della folla, che aveva già assistito a grandi miracoli di guarigioni e anche di resurrezione (la figlia di Giairo), solo dinanzi a questa del sordomuto dica: "Ha fatto bene ogni cosa". E in realtà è una sorta di nuova creazione. Gesù vuole raggiungere tutti, fa dei gesti che almeno alludono a quelli del Creatore che plasma Adam impastando la terra con la saliva e soffiandoci dentro lo Spirito.

Il grande problema dell’uomo è l’ascolto: di lì parte la salvezza. Dopo l’ascolto c’è il parlare: l’annuncio. Finché non viene il dono di Dio, la lingua dell’uomo è come incatenata. Se questo miracolo è un nuovo atto creativo, si comprende anche lo sguardo di Gesù verso il cielo.

Vista, udito, tatto, gusto, olfatto. La fisicità della divinità deve essere presa alla lettera. Le Scritture adottano vie di comunicazione a noi familiari. Gli apostoli vedono Dio, lo toccano, sentono la sua voce, ne percepiscono il profumo, condividono il pane nell’ultima cena.

Angelo Sceppacerca