Gen 2,18-24; Eb 2,9-11; Mc 10,2-16
Il grande annuncio di Gesù sul mistero della sua passione è anche la proclamazione del segreto "nuziale" della vita umana fatta a immagine e somiglianza di Dio. Di Dio che non è "solitudine", ma mistero d’amore, eterna comunione d’amore. Mentre tutta la nostra tradizione afferma il primato della persona come individuo, in Gesù la tradizione dei padri ebrei si mostra nel primato della relazione-comunione.
Per la maggior parte dei cristiani la vocazione alla santità, all’amore e alla pienezza della vita si specifica e si precisa come vocazione al matrimonio. I coniugi sono chiamati al dono reciproco totale, in cui ognuno offre all’altro non qualche attività o qualche cosa, ma la vita intera, integrando nella logica del dono anche la sessualità. I due si donano l’uno all’altro e insieme si donano ai figli con la procreazione, la cura e l’educazione. Così diventano una sola carne nella vita comune, nella comunicazione interpersonale, nel rapporto sessuale, nella persona dei figli, che costituiscono la loro unità permanente, il loro legame che neppure il divorzio può spezzare. Diventano una sola carne e un solo spirito, una comunione di persone diverse, immagine e partecipazione dell’eterna comunione delle Persone Divine, come splendidamente ha detto più volte Giovanni Paolo II. "L’immagine divina si realizza non soltanto nell’individuo, ma anche in quella singolare comunione di persone che è formata da un uomo e da una donna, uniti a tal punto nell’amore da diventare una sola carne. È scritto infatti: "A immagine di Dio li creò; maschio e femmina li creò". E ancora: "Il Noi divino costituisce il modello eterno del noi umano; di quel noi anzitutto che è formato dall’uomo e dalla donna, creati a immagine e somiglianza di Dio".
Oggi scegliere Cristo significa anche scegliere il matrimonio e la famiglia. Infatti la crisi della fede è fortemente legata alla cosiddetta rivoluzione sessuale e la Chiesa viene accusata di essere arretrata, nemica della libertà e della gioia di vivere, perché disapprova i rapporti sessuali fuori del matrimonio, il divorzio, le convivenze di fatto, l’omosessualità.
Il Cristianesimo esalta l’amore dell’uomo e della donna, purché sia amore vero. Benedetto XVI insegna che l’amore autentico è sintesi di eros e agape, di desiderio, rivolto alla propria felicità, e di dono di sé, rivolto alla felicità dell’altro. Il desiderio di essere felici e l’attrazione sessuale si devono integrare e armonizzare con la dedizione al bene dell’altro, anche se costa sacrificio. Il dono reciproco dei coniugi è totale. Non si donano qualche cosa o qualche attività, ma la vita intera, anima e corpo, pensiero, volontà, affettività, sessualità. I due si donano l’uno all’altro e insieme si donano ai figli con la procreazione, la cura e l’educazione. Così diventano una sola carne nella vita comune, nel rapporto sessuale, nella persona dei figli che costituiscono la loro unità permanente, il loro legame che nessun divorzio può spezzare.
Il matrimonio si colloca nella logica delle relazioni forti tra le persone. Ogni persona è un soggetto singolo e irripetibile, autocosciente e libero, ma anche radicalmente finalizzato a svilupparsi e a essere felice costruendo buone relazioni con gli altri e con Dio. I beni relazionali sono più necessari di quelli materiali. La povertà delle relazioni è più dannosa e dolorosa della povertà delle cose e dei beni materiali; rende la vita priva di senso e conduce progressivamente l’individuo alla solitudine e alla disperazione.
Il giusto equilibrio di eros e agape, la sintesi di desiderio e dono, dà una gioia più vera e più grande, non il piacere di un istante, ma del vertice dell’esistenza, di quella beatitudine a cui tutto tende. La Chiesa non è nemica della gioia di vivere; ma la esalta, fino a farne un anticipo delle nozze eterne.
Angelo Sceppacerca