At 2,42-47; 1Pt 1,3-9; Gv 20,19-31
Un tempo e un luogo precisi. È il giorno della risurrezione, tempo nuovo della creazione e della storia. Davanti a questo mai visto, la condizione povera dei discepoli rifugiati in un luogo chiuso, perché impauriti dai giudei, quella parte di Israele che Lo ha rifiutato e consegnato alla morte. Nulla può impedire al risorto di essere presente in mezzo a loro e dentro la storia con la sua Pace. Perché c’è Lui, c’è pace. Gesù mostra le ferite e i suoi passano dalla paura alla gioia.
Nella gioia di vederlo vivo i discepoli ricevono da Gesù il compito non di giudicare, ma di salvare, di rimettere i peccati. La missione di quelli di Cristo è rendere presente Cristo, presenza dell’amore del Padre. Dopo Pasqua, l’amore del Padre è dato nella forma e nella forza dello Spirito, il soffio di Dio. Questo è il dono del risorto che "soffiò e disse loro: Ricevete lo Spirito Santo". Lo spirito somiglia al soffio di Dio nelle narici di Adamo che divenne vivente. Pasqua è la vita che vince sulla morte e porta la vita ai figli di Dio.
Tommaso, che "non era con loro quando venne Gesù" rappresenta le generazioni dei cristiani che crederanno ai segni della Risurrezione e della presenza di Gesù, grazie alla testimonianza dei discepoli. La nuova presenza di Gesù, otto giorni dopo, appare dedicata proprio a Tommaso e alla sua bella professione di fede: "Mio Signore e mio Dio!". La parola "Beati quelli che non hanno visto e hanno creduto", mette in rapporto la fede al vedere e al toccare.
Cosa viene prima il credere o il vedere? Mentre Tommaso sostiene che il toccare è la fonte della fede, il Signore dice che credere è fonte di un immenso e nuovo vedere e toccare. Gesù risorto è presente in molti e nuovi modi: nell’Eucaristia, nei sacramenti, nella Chiesa, nei poveri, nella Parola, nell’altro, compreso il guardiano del giardino. Conoscerlo e toccarlo in questi modi è più che vederlo e toccarlo nella carne.
È il lungo cammino della Chiesa, dove l’adesione a Gesù non è più fondata sul vedere, ma sulla testimonianza dei fratelli. È sempre Giovanni, nella sua prima lettera, a scrivere: "Quello che abbiamo veduto e udito, noi lo annunciamo anche a voi, perché anche voi siate in comunione con noi". La comunione è l’icona splendida del volto di Gesù, quel volto che Maria non si stancava di contemplare. In un testo del sesto secolo si legge: "Dopo l’Ascensione di suo Figlio la Vergine Immacolata conservava l’immagine che aveva ricevuto dalle mani di Dio, formatasi sulla Sindone; la teneva sempre con sé per poter venerare il volto meraviglioso di suo Figlio. Ogni volta che desiderava pregare suo Figlio poneva l’immagine verso est e pregava guardando l’immagine del volto e tenendo le mani aperte. Quando il lavoro dell’intera vita di Maria fu completato, ella fu trasferita dagli apostoli su una barella in una caverna dove fu posta di fronte all’immagine di suo Figlio".
Angelo Sceppacerca