1Sam 16,1.4.6-7.10-13; Ef 5,8-14 ; Gv 9,1-41
Chi ha colpa se uno nasce cieco? E chi è responsabile di un tremendo terremoto come quello del Giappone? A chi far risalire il male del mondo? Chi può sciogliere i nodi che legano il dolore al peccato? Gesù nega che sia Dio l’autore del male e che la disgrazia sia la sua medicina. Gesù lascia aperto l’inesplicabile rapporto fra dolore e peccato. La sua risposta è l’invito a cambiar vita.
Per gli ebrei ogni malattia era legata ad un peccato specifico; da qui la domanda: se quell’uomo è nato cieco, come può aver peccato ? Allora, è colpa dei suoi genitori? Gesù capovolge questi ragionamenti pseudo-religiosi, e offre un significato positivo: la malattia manifesta le opere di Dio. E la più grande delle malattie, la morte di Gesù, manifesterà la più grande delle opere di Dio, la risurrezione.
Se si guarda la finitezza dell’uomo (miserie, malattie, peccati…), attraverso la luce della risurrezione, si vede la gratuità e l’onnipotenza dell’amore di Dio. Questo dice il Vangelo di oggi, dove Gesù parla alle folle come alla singola persona dell’uomo nato cieco e nel quale si rende presente la condizione dell’umanità. La catena che inesorabilmente lega il male alla colpa, in quanto punizione o conseguenza dell’agire umano, viene spezzata dalla storia di salvezza che si compie nella persona di Gesù. Lui è il salvatore che nell’uomo cieco incontra ogni uomo.
La nostra polvere incontra la saliva del Figlio di Dio. È il segno battesimale che da ciechi e morti ci fa vedenti e vivi. Il cieco nato era un mendicante, in attesa e supplichevole, gli atteggiamenti giusti per un cammino di fede che faranno di lui un testimone illuminato e un confessore forte di Gesù, della sua opera e della sua persona. Il cieco non fa ragionamenti, né speculazioni teologiche. La sua testimonianza nasce da un’esperienza, ha la forza evidente dei fatti.
Possiamo credere non solo in Dio e nel suo Figlio Gesù, ma anche nelle infermità dell’uomo e nelle opere buone che Dio compie in esse. La fede è aprire gli occhi sulla povertà dell’uomo e sul bene che Dio gli vuole. Il Vangelo di oggi, più che della guarigione di un cieco, parla della guarigione del cuore dal buio in cui si trova, fin dalla nascita, grazie allo sguardo di Cristo.
Sant’Agostino, in un dialogo immaginario con il buon ladrone, gli chiede: “Come hai fatto a capire ciò che avveniva vicino a te, Gesù crocifisso, mentre noi, specialisti, dottori della legge, quando sotto i nostri occhi si compiva la Scrittura, non siamo stati capaci di capirla e di riconoscerlo? Hai forse studiato le Scritture tra una rapina e l’altra? Avevi forse letto Isaia che annunciava la Passione?”. E il buon ladrone risponde: “Oh no, io non ho studiato le Scritture. Ma Gesù mi ha guardato e nel suo sguardo ho capito tutto”.
Benedetto XVI, nel messaggio per la Quaresima, scrive che il miracolo della guarigione del cieco nato, "è il segno che Cristo, insieme alla vista, vuole aprire il nostro sguardo interiore, perché la nostra fede diventi sempre più profonda e possiamo riconoscere in Lui l’unico nostro Salvatore".
Angelo Sceppacerca