Is 8,23b-9,3; 1Cor 1,10-13.17; Mt 4,12-23
È di Matteo il Vangelo che ci accompagna in questo anno, con alcune caratteristiche tipiche: il frequente riferimento all’Antico Testamento (in questo caso ad un profeta), per spiegare il valore dei gesti e delle parole compiuti da Gesù. Compreso un semplice cambio di residenza: da Nazareth a Cafarnao. L’Antico Testamento è il "tesoro di sapienza" antica che parla di Cristo; i ricordi dei discepoli su Gesù nel Nuovo sono "un tesoro di sapienza nuova". Matteo dice l’unità di questa duplice testimonianza su Gesù.
Il secondo tocco di Matteo, è l’uso di immagini simboliche capaci di riassumere intere sezioni della vita di Gesù, una specie di titolo sintetico sul tema centrale di tutta una parte di Vangelo. Così è l’immagine della luce che si accende nel buio e guida un popolo nel suo difficile cammino. Un’immagine che tornerà nelle prossime domeniche e che ricorda quanto accaduto al tempo dell’esodo dall’Egitto: il buio della notte nel deserto e la colonna di fuoco che guidava il popolo verso la giusta direzione. La luce nelle tenebre è quella delle beatitudini, che Giovanni ha annunciato, che i discepoli ricevono da Gesù, e che dovranno portare in tutto il mondo.
Due comandi del Signore: "convertitevi" e "seguitemi". L’obbedienza al secondo è il modo migliore per eseguire il primo. Anche quello che si lascia dietro rende agevole il cammino dietro al Signore. L’opera di Gesù inizia sulla riva del lago con i suoi primi quattro discepoli, poi si dilata verso le folle.
Gesù insegna, annuncia e guarisce: tre azioni distinte ma inscindibili, in Lui ma anche in chi le riceve. Gesù cammina, vede e chiama. Azioni che si illuminano reciprocamente, luce su luce. La chiamata dei discepoli è mostrata dalla predicazione e dalle guarigioni; e, viceversa, l’annuncio e le guarigioni sono un appello rivolto alle folle. È la nascita della Chiesa, comunità di malati guariti chiamati a seguire il Signore come pescatori di uomini.
Angelo Sceppacerca