Domenica 25 luglio

Gen 18,20-32; Col 2,12-14; Lc 11,1-13

La storia della salvezza si compie quando – finalmente! – ogni uomo può dire "Padre nostro". Solo allora passeranno "i cieli e la terra" perché tutto sarà Cielo. La preghiera dell’"Abbà" è tra un "tu" che è il Padre e un "noi": io insieme a tutti i fratelli rivolti all’unico Padre. Senza il "tu" che è il Padre non c’è preghiera, ma grido nel vuoto. Anche senza il "noi" non è preghiera perché non c’è eco separati dai fratelli.
Poter dire "Padre nostro" è già esaurire ogni preghiera. Tutto è già dato nel Figlio. "Padre" è nel vangelo 180 volte. Poter dire "Padre nostro" è il grande dono di Gesù, un Dio che ci ama più di sé.La parabola che segue il "Padre nostro" è spiegazione alla richiesta del pane quotidiano sostenuta da una fede audace (quasi "sfacciata, sfrontata!") nell’amico che dorme e che si "desta" per dare i tre pani necessari a chi li supplica di notte. Il pane per "ogni giorno" ha la figura profetica nella manna del deserto. L’Eucaristia appaga e soddisfa la preghiera; è il pane che sazia e fa dire "Abbà, Padre". Per averla, occorre bussare forte alla porta dell’amico che "dorme" e che deve "destarsi" per aprire ed appagare il nostro bisogno. Solo il rapporto con l’Eucaristia e, attraverso di essa, con il mistero pasquale di morte e resurrezione del Signore, spiega il legame tra la preghiera del "Padre" e la parabola di chi non teme di bussare forte alla porta dell’amico, anche di notte: è la fede che non si ferma davanti alla croce, ma attinge dalla risurrezione."Abbà" è preghiera inimitabile del Figlio unigenito, prova della sua intimità con Dio, condizione unica ed esclusiva. E invece Gesù ci introduce nella sua stessa preghiera, desidera che noi preghiamo come lui: l’"Abbà" ci assimila alla sua condizione di Figlio. Domandare che "sia santificato il tuo nome" significa domandare che il suo nome sia l’unico, ripudiando in modo assoluto ogni superstizione feticista. Solo il Padre è Dio. Invocare che "venga il suo regno" è perché non è venuto del tutto e tutti siamo per strada, portati dallo Spirito alla piena conoscenza e comunione. Il nostro cammino è fatto di perdono e dell’espansione della sua potenza. E infine la supplica che il Padre non ci abbandoni nella prova.Prima della nostra c’è la preghiera del "Padre", rivolta a noi. Egli parla al nostro cuore e alla nostra vita. E noi rispondiamo, cercando la sua volontà. Per questo la preghiera è sempre "nello Spirito", cioè nella comunione col Padre e col Figlio. Clemente d’Alessandria, per far capire con quale amore Dio ci ama, dice: "Dio è Padre, ma la tenerezza con cui ci ama lo fa diventare madre. Il Padre si femminizza amando". E Salviano di Marsiglia gli fa eco affermando che Dio ci ama più di quanto un padre ama il proprio figlio: "Dio (…) volle che noi riconoscessimo il suo affetto paterno. Dirò solo paterno? No, più che paterno (…). Dio ci ama più di quanto un padre ama il proprio figlio perché per amore nostro non risparmiò il suo Figlio giusto, il Figlio unigenito, il Figlio di Dio. Chi può allora misurare l’amore di Dio verso di noi?".Angelo Sceppacerca