Domenica 11 luglio

Dt 30,10-14; Col 1,15-20; Lc 10,25-37
 
Domanda lecita quella del dottore della legge. A chi non interessa sapere come ci si salva? La risposta di Gesù è precisa ed esauriente: “Ama il Signore tuo Dio.” E consola, perché promette misericordia, consolazione e promessa di futuro, anzi la vita eterna. C’è qualcos’altro di più necessario? Lo sapeva anche quell’esperto giurista che la legge non basta da sola alla vita. Perché se capita di essere aggrediti, tramortiti, percossi e abbandonati, chi ci soccorre?
La buona notizia di questa domenica è che qualcuno ci passa accanto e ci cura chinandosi. È il prossimo. Non il vicino, ma quello che si fa vicino e ha misericordia di noi, cioè Dio. Gesù aveva mandato i suoi a dire che "il regno dei cieli è vicino". Parabola del buon samaritano e annuncio della vicinanza del Regno si spiegano a vicenda.
Noi siamo l’uomo caduto nelle mani dei briganti, e Dio ci è venuto vicino come il Samaritano. Poi tocca a noi. Se facciamo la stessa cosa che ha fatto Dio, continuiamo a vederlo vicino.Il Samaritano vede, ha misericordia e si avvicina. È il modo di comportarsi di Gesù che vede i malati, i ciechi, i futuri discepoli. Ha misericordia dall’inizio e fino alla fine perché "misericordioso è il Padre". Si avvicina agli uomini, senza distinzione, anzi predilige i lontani e dove arriva lui si vedono tutti i segni della presenza del Regno di Dio.
L’amore di Dio e l’amore del prossimo sono inseparabili. I piccoli e i puri di cuore non hanno difficoltà a comprenderlo. In tutta la sua storia, Israele di prima e di dopo ha conosciuto i mille volti dell’amore di Dio che lo ha sempre soccorso e scampato, anche quando era più morto che vivo. Ma la parabola descrive anche l’amore del prossimo. Un prossimo falso nelle figure del sacerdote e del levita che non vogliono contaminarsi; un prossimo vero in quella dello straniero che ha compassione. Alla fine della parabola resta da fare "lo stesso”, restituire quello che si è ricevuto dall’amore di Dio in Cristo.Chi è l’uomo salvato? È lo stesso dottore della legge perché il prossimo in generale diviene il suo prossimo. La domanda retorica si è fatta urgenza: "Va’ e anche tu fa così"; sdebita la misericordia che ti ha sanato e fatti tu prossimo del samaritano come lui lo è stato con te.
Curati con l’olio e il vino della vita nuova in Cristo, siamo da lui affidati all’albergatore, alla carità dei nostri fratelli, essi stessi compensati da lui. Ancora l’indissolubile amore, di Dio e degli altri. Con la parabola di oggi si capisce subito perché il primato spetta sempre alla grazia.Da cosa dobbiamo essere guariti? Anche dal comportamento avuto dal sacerdote e dal levita della parabola. Proprio loro, che erano i principali inservienti del tempio di Gerusalemme ed erano addetti ad offrire i sacrifici secondo la legge di Dio, a pregare secondo la legge di Dio, ad ammaestrare il popolo secondo la legge di Dio. Per non dimenticarsela la scrivevano su piccoli rotoli di pergamena, che tenevano in due custodie fissate al centro della fronte e sul braccio destro. Un loro stretto collaboratore era il dottore della legge che interroga Gesù e che era un esperto della Bibbia e della legge di Dio che ripeteva in continuazione, fino ad impararne a memoria lunghissime parti.
Avevano la legge scritta sulla fronte e sul braccio e registrata nella memoria, ma non nel cuore, il solo capace di fermare i piedi e di allargare le braccia al soccorso. Quelli che sono di Cristo lo fanno ogni giorno e su ogni discesa di strada.Angelo Sceppacerca