V domenica di Pasqua

At 14,21-27; Ap 21,1-5; Gv 13,31-35

Jacopo Pontormo – Cena di Emmaus
Gesù, seduto a mensa al centro della comunità monastica nell’atto di benedire il pane dell’Eucaristia e dell’ospitalità, si rivela improvvisamente ai due discepoli viaggiatori del racconto evangelico: quello di sinistra, tutto intento a versare il vino in un bicchiere, non si accorge ancora; invece quello di destra rimane sorpreso e per lo stupore interrompe il gesto già iniziato di tagliare col coltello una pagnotta di pane. Siamo invitati a identificarci con i due discepoli di Emmaus e a riconoscere la presenza del Signore sia nell’Eucaristia sia nella comunità fraterna e accogliente. Il priore ci guarda e alza la mano per indicare il Signore Gesù, presente nel pane eucaristico e in mezzo alla comunità unita nella fraternità e aperta all’accoglienza.

L’uscita di Giuda dal cenacolo è l’inizio della passione, ma anche della gloria che il Figlio e il Padre si scambiano reciprocamente. Questa è l’ora della gloria, attesa da sempre, che manifesta il rapporto d’amore tra il Padre e il Figlio. E in loro, anche l’amore per noi, ciascuno di noi. Certo, noi dobbiamo cercare la strada per entrare nella stessa gloria ed è lo Spirito- amore a mostrarla: "Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri". Amarsi è la via diretta per far scendere il cielo in terra perché l’amore tra il Padre e il Figlio abiti la nostra vita e la faccia eterna.L’amore scambievole è il Vangelo più forte di Gesù, lo squillo più acuto della rivelazione di Dio nel suo Figlio e nel nostro esser i suoi discepoli. Incredibile è che tutto questo abbia avuto inizio, nel triduo pasquale, proprio dall’uscita di Giuda. L’odio di Giuda svela l’Amore che salva.Perché l’amore è un comandamento? Nessuno può essere obbligato ad amare! Questo, però, è un comandamento "nuovo" perché dice che l’uomo può tornare ad amare, perché l’amore di Dio ("come io vi ho amati") l’ha fatto "nuovo", capace di carità, di agape. "Bisogna" amare perché Lui ci ha amati e perché l’amore è il segno di riconoscimento dei cristiani, il linguaggio universale capace di convincere e conquistare. Il cristiano è uno che ama, molto più che un semplice "osservante". Lo sanno bene i santi e i mistici, che ne sperimentano le conseguenze promesse dal Vangelo: "Se siamo uniti, Gesù è fra noi. E questo vale. Vale più di ogni altro tesoro che può possedere il nostro cuore: più della madre, del padre, dei fratelli, dei figli. Vale più della casa, del lavoro, della proprietà; più delle opere d’arte d’una grande città come Roma, più degli affari nostri, più della natura che ci circonda coi fiori e i prati, il mare e le stelle: più della nostra anima. È Lui che, ispirando i suoi santi colle sue eterne verità, fece epoca in ogni epoca. Anche questa è l’ora sua: non tanto d’un santo, ma di Lui; di Lui fra noi, di Lui vivente in noi, edificanti – in unità d’amore – il Corpo mistico suo. E allora viviamo la vita che Egli ci dà attimo per attimo nella carità. È comandamento base l’amore fraterno. Per cui tutto vale ciò che è espressione di sincera fraterna carità. Nulla vale di ciò che facciamo se in esso non vi è il sentimento d’amore per i fratelli: ché Dio è Padre ed ha nel cuore sempre e solo i figli" (Chiara Lubich).Angelo Sceppacerca