Domenica 10 ottobre

 2Re 5,14-17; 2Tm 2,8-13;  Lc 17,11-19

Gesù è in cammino verso la sua passione e morte, a Gerusalemme. Per strada, fuori da un villaggio, gli vengono incontro dieci lebbrosi, ma si tengono a distanza e ad alta voce lo supplicano di compatire la loro sofferenza: Gesù, abbi pietà di noi.
Gesù risponde indirizzandoli ai sacerdoti, perché ne accertino la guarigione. Gesù li tratta come se li avesse già guariti, ma essi guariranno mentre vanno al tempio. Accade allora che solo uno si divide dal gruppo e, invece di proseguire, torna indietro lodando Dio, si getta faccia a terra davanti a Gesù e lo ringrazia. Non erano dieci? E gli altri?Gesù è sorpreso che uno solo sia tornato a lodare Dio per la guarigione e abbia riconosciuto il Messia che ha misericordia della sofferenza degli uomini. Il miracolo serve a questo: portare alla lode di Dio e alla fede in Gesù, il Messia, il Cristo.
Gesù indica un’altra differenza: l’unico che è tornato non è un ebreo osservante, ma un samaritano disprezzato per la scelta del monte Garizim al posto del Tempio di Gerusalemme.La lebbra, malattia allora incurabile, che segregava e confinava nel deserto, era uno scandalo e una prova della fede per uomini che si sentivano abbandonati da un Dio lontano e assente. Tentati a non credere più, si rivolgono a Gesù e pregano, gridando a voce alta, la sofferenza disperata e la loro ultima speranza.
Gesù riceve la loro richiesta e dà loro il tempo di comprendere il dono – e chi lo porta! – mentre gli obbediscono, un passo alla volta. Si comincia con l’ascolto della parola del Signore; si fa quanto dice, mettendosi in viaggio. Il risanamento avviene durante il viaggio tra la promessa di Gesù e la speranza in lui che la porta a termine.Gesù è il segno per portare il lebbroso alla paternità di Dio. Più che la guarigione, il lebbroso, che era tentato a non credere più, scopre che il vero volto di Dio è quello di un Padre che ama, è visibile in Gesù, il figlio messia e Cristo, inviato a liberare, guarire e salvare, anche dalla morte, l’ultima malattia.
Gesù si meraviglia che dei dieci guariti uno solo – un samaritano! – è arrivato alla fede nel Padre e in lui. La meraviglia non è nei nove spariti dalla scena, ma per quell’unico tornato alla fede. Un lebbroso, il più povero tra i poveri, il più disperato tra i disperati. Francesco cambiò vita proprio incontrandone uno, abbracciandolo e baciandolo.
Ringraziare è cantare e lodare per aver scampato la disperazione e perché, seguendo Gesù a Gerusalemme, alla fine si trova un padre.

Angelo Sceppacerca