Dt 4,1-2.6-8; Giac 1,17-18.21-22.27; Mc 7,1-8.14-15.21-23
Il modo di comportarsi dei discepoli provoca le domande dei farisei. Gesù risponde, ma allarga il discorso per mettere a nudo la loro ipocrisia e doppiezza. La risposta di Gesù sul principio che non esistono cibi puri e cibi impuri, sradica tutta l’impalcatura concettuale del legalismo farisaico.
Come per le parabole, Gesù spiega il significato profondo delle sue parole ai soli discepoli che, tuttavia, si mostrano cocciuti e ostinati: non esistono cibi puri ed impuri perché solo quello che esce dal cuore dell’uomo può insudiciarlo e guastarlo. Il senso di questo Vangelo è tutto nella contrapposizione dei due atteggiamenti. Da una parte, quello dei farisei che conduce alla oppressione dei comandi degli uomini in questo caso Dio viene destituito, gli uomini vengono sottomessi a norme assurde e, persino, gli oggetti vengono discriminati fra di loro e, dall’altra parte, il comportamento di Gesù che riaffermando il primato della Parola di Dio rende possibile la guarigione della durezza del cuore per renderlo disponibile alla gratuità del dono.
C’è una religione delle labbra, fatta di parole e mille discorsi e c’è una religione del cuore, spazio nel quale ci si apre ad accogliere la parola di un Dio che non ne ha pronunciate tante e contraddittorie fra loro, ma poche e convergenti nell’unico grande comandamento, che ci amiamo reciprocamente come lui ci ha amati, con una predilezione verso i piccoli e gli ultimi. Questa è la religione pura e senza macchia, dove il primato non è delle leggi, ma dell’uomo, immagine di Dio. Crolla ogni legalismo che sacrifica l’uomo sfigurandone l’immagine di figlio di Dio.
Credere all’amore, come unica legge, è la grande difficoltà dei discepoli e dei cristiani; quelli al tempo di Marco, ma anche quelli di oggi.
Ancora una parola sul lavaggio dei vasi per renderli puri. Vale anche per quel contenitore unico che è il cuore dell’uomo.
Per lavare il cuore possono servire le lacrime. Gli studiosi delle cose di Dio dicono che tra i doni dello Spirito c’è anche quello delle lacrime. È vero. E sono lacrime speciali, nulla a che vedere con quelle versate per vigliaccheria, ira, vendetta, disperazione, perdita delle cose materiali o per amore solo terreno. Le lacrime buone sono sparse per il grande dolore dei peccati, nascono dal timore dell’inferno, ma ancor più dalla compassione per la passione di Cristo e del prossimo.
Sono le lacrime dell’amore di Dio. Queste lacrime sono in grado di risanare le ferite e le storture dell’anima indicate da Gesù: l’immoralità, i furti, gli omicidi, le infedeltà, le avidità, la cattiveria, la menzogna, la disonestà, l’invidia, il pettegolezzo, la presunzione, l’imbecillità. Soprattutto, queste lacrime portano bellezza e purezza. Sono segno di dolore e d’amore.
Angelo Sceppacerca