Ap 11,19; 12,1-6.10; 1Cor 15,20-26; Lc 1,39-56
Dopo l’annuncio dell’angelo, Maria va a trovare e a servire la cugina Elisabetta. Quest’ultima la proclama Madre del mio Signore. Maria risponde con il cantico del Magnificat, un inno che lascia intravedere il suo cuore. Identificandosi con Maria, la Chiesa di tutti i tempi continua a cantare il Magnificat. L’Assunzione è la verità-mistero della Madre di Dio elevata nella gloria in corpo e anima vicino a suo Figlio. La tomba vuota di Maria, immagine della tomba vuota di Gesù, significa e preannuncia la vittoria totale del Dio della vita sulla morte. Primizia nel dolore, primizia nel destino della gloria, Maria ci attende per vivere e cantare con lei la nostra riconoscenza alla grazia di Dio. La beatitudine divina e umana della salvezza. Il suo eterno Magnificat.
La visita di Maria ad Elisabetta è la gioia dell’incontro, tanto ostacolato e tanto sospirato, tra lo sposo e la sposa: Elisabetta è gravida di millenni di attesa, Maria porta in sé l’Atteso. Nel loro incontro è l’abbraccio tra la promessa e il compimento.
Maria va da Elisabetta “in fretta”, mossa da gioia e premura. In questo incontro si scopre l’impossibile di cui l’uomo ha bisogno. Elisabetta e Maria sono parenti; lo sono anche i bambini che portano in grembo: uomo e Dio sono della stessa carne. Noi siamo parenti di Dio!
Maria canta: l’anima mia dice che grande è il Signore! Adamo, al contrario, fece Dio piccolo, come la sua meschinità. Maria, invece, fa grande Dio perché lo vede come amoroso sposo capace di dare la vita. Lei riconosce Dio come Dio e scopre in sé l’immagine autentica di Lui. Il primo dono di Dio e il primo canto a lui è riconoscerlo grande, grande e per noi.
Maria è assunta in cielo. Il cielo, alto, immenso, luminoso, è simbolo di Dio ed evoca la trascendenza, la grandezza, la gloria di Dio. Maria assunta in cielo significa che è accolta alla presenza immediata di Dio, che è pervenuta a una esperienza diretta di lui, alla visione beatifica, che è pervenuta ad una unione perfetta ed eterna. Maria è introdotta nella Trinità, come appare in molte rappresentazioni pittoriche dove, al Padre, al Figlio e allo Spirito, Maria è più vicina degli angeli e dei santi. Maria è assunta in cielo in anima e corpo, con tutta la sua persona in tutte le sue relazioni e dimensioni. Ha raggiunto la perfezione totale, la pienezza della vita, l’assoluta capacità di relazione con Dio, con gli altri e con le cose. Ha raggiunto la beatitudine e la felicità completa. Come Gesù nella sua resurrezione e ascensione al cielo. L’Assunzione è dunque la pasqua di Maria.
Cristo è già risorto come primizia, fondamento della risurrezione gloriosa di tutti i giusti. “Quelli che sono di Cristo”, i giusti, risorgeranno gloriosi alla sua venuta, al termine della storia. Maria “è di Cristo” come nessun altro, associata a lui, in modo del tutto singolare, come Immacolata, Madre, discepola fedele, partecipe della passione, tutta Santa. Considerando la sua figura alla luce della fede, la Chiesa si è persuasa dell’Assunzione come di una singolare partecipazione alla Pasqua di Cristo. E noi ci rallegriamo con Maria. Facciamo festa. Se l’amiamo non possiamo non rallegrarci. L’amore è (soffrire con chi soffre e) rallegrarsi con chi è nella gioia. Così si rallegrava S.Andrea di Creta (VII-VIII secolo), nell’omelia per la festa della Dormizione di Maria: “Quali mani ti deporranno nella tomba, o Madre di Dio? / Quale preghiera funebre faremo per te? / Con quali canti ti accompagneremo? / La tomba non può possederti, / gli inferi non possono prevalere su di te. / Va dunque in pace! Allontanati dalle dimore terrene! / Rendi benevolo il Signore riguardo alle creature, di cui fai parte. / Rallegrati di gioia indicibile, / avvolta dalla luce eterna, / là dove è la vera vita!”.
In Maria è anche anticipato il futuro di tutti “quelli che sono di Cristo”. È l’immagine esemplare della Chiesa, la primizia dell’umanità salvata. Noi siamo in cammino verso la stessa meta; siamo protesi verso la pienezza della vita, verso la felicità. Il nostro desiderio originario e costitutivo è quello di vivere e di vivere in pienezza il più possibile. Siamo sempre protesi verso un di più con la mente (vogliamo conoscere cose sempre nuove), con il cuore (soddisfatta un’aspirazione ne nasce un’altra), con le mani (realizzato un progetto ne facciamo un altro), con i passi dei nostri piedi (sempre in movimento verso nuove esperienze). Anche in questi giorni di agosto, per molti tempo di vacanze, di viaggi, di esperienze nuove.
Siamo sempre in ricerca, in cammino. Ma sempre inquieti, insoddisfatti. Non è la quantità delle esperienze che ci soddisfa, anzi spesso ci lascia più vuoti che mai, finisce per annoiarci. In realtà cerchiamo la vita, la felicità, in pienezza e per sempre. Fra tutti, il filosofo De Unamuno: “Voglio vivere sempre, sempre, sempre; e voglio vivere io, questo povero io che sono e sento di essere ora e qui… Io, io, io, sempre io! Dirà qualche lettore. Ma chi sei tu? E qui potrei rispondergli: Per l’universo niente; per me tutto”. Parole intense, che esprimono l’intensità e la forza del desiderio di vivere. È ricerca della vita in pienezza, del Bene assoluto.
Giovanni Paolo II diceva che la ricerca incessante dell’uomo è segno della sua vocazione alla comunione con Dio, è riflesso dell’attrazione del Bene assoluto. Forse non ci pensiamo, siamo distratti, dispersi, superficiali. La missione della Chiesa è additare questa meta. Lo fa spesso anche con l’architettura, come in tante Cattedrali, con grandiose cupole, figura e simbolo del cielo. Maria assunta è il modello della speranza cristiana.
Angelo Sceppacerca