Is 43,18-19.21-22.24-25; 2Cor 1, 18-22; Mc 2, 1-12
È il Vangelo nel quale Gesù guarisce il paralitico di Cafarnao. Prima, però, gli offre il perdono dei peccati, a significare che il peccato è il più grande male dell’uomo, la radice e l’origine di tutti i mali. Lontano dal volto di Dio, l’uomo si percepisce sfigurato e sfracellato nell’abisso. E la rovina dell’uomo è così tragica che Dio solo può scamparlo. Per strappare al pericolo l’uomo per sanarlo ci vuole un gesto di Dio. Questo atto è Gesù, il Figlio unico del Padre nel quale noi tutti siamo stati rappacificati.
Perché il perdono dei peccati prima della guarigione dello storpio? Perché c’era folla quel giorno a Cafarnao e non tutti erano lì per essere ammaestrati dal Signore. I farisei, ad esempio, attendevano un gesto o una parola fuori dalla Legge per dichiararlo colpevole e chiederne la condanna a morte. Tutti si ammassano attorno a Gesù, ma per motivi diversi. Lui era lì quel giorno come è ora qui per dare riparo e rendere figli del Padre gli uomini da sempre affamati di conciliazione e di tregua e allora usa il segno del miracolo per indicare una verità più grande: guarisce lo storpio per dimostrare il risanamento dell’anima, di tutta una vita.
A Gesù stava certamente a cuore la salute di quell’uomo, contorto e incatenato da una paralisi distrofica, una malattia penosissima considerata un castigo di peccati commessi. Ancora di più gli stava a cuore il perdono dei peccati. Giustamente i presenti si chiedono: ma chi può perdonare i peccati, se non Dio? Appunto. Se qualcuno è capace di miracoli, è anche capace di perdonare i peccati; quel qualcuno, dunque, ha in sé l’impronta della divinità. E giungere a questa fede è l’obiettivo del Vangelo di Marco.
Oggi, come al tempo di Gesù, avvertiamo il bisogno di confessare i nostri peccati? Ne sentiamo vergogna? La consapevolezza dei propri peccati è la prima esperienza dell’incontro con Dio. Lo diceva già Sant’Agostino: “Chi confessa i suoi peccati e se ne accusa, è già d’accordo con Dio. Dio condanna i tuoi peccati, e se anche tu li condanni, ti unisci a Dio”. La remissione dei peccati è l’opera più grande che compie la Chiesa, su mandato di Cristo. Veri profeti, come don Milani e don Mazzolari, che pure avevano provato la ruvidezza di un rapporto gerarchico non proprio paterno, alla domanda di chi chiedeva come mai non avessero lasciato la Chiesa, rispondevano: non potremmo mai, abbiamo bisogno di chi ci perdona i peccati. Agostino non esita a dire che “Dov’è la remissione dei peccati, là è la Chiesa”. Con delicatezza Pascal immagina il dialogo con Dio: “Se tu conoscessi i tuoi peccati, ti perderesti d’animo. Allora mi perderò d’animo, Signore, se me li rivelerai. No, tu non ti dispererai, perché tu li conoscerai nel momento stesso in cui ti saranno perdonati“.
Angelo Sceppacerca