Dt 18,15-20; 1Cor 7,32-35; Mc 1,21-28
La scena del Vangelo, domenica scorsa, era sulla riva del mare; quella di oggi è in città, il centro di Cafarnao. Qui Gesù inizia di sabato, il giorno principale della settimana, il giorno della preghiera e della fede, il suo magistero. Non è una dottrina che si presenta da subito con i toni e i modi della rottura. Gesù, al contrario, entra nel luogo tradizionale dell’insegnamento: la sinagoga. Però, anche se il contenitore è quello classico, tradizionale la sinagoga era il luogo dove si spiegavano le letture nei giorni di festa di un qualsiasi altro Rabbi, tuttavia la novità di Gesù straripa e “spacca gli otri”. Infatti lui stesso dirà che non si può mettere vino nuovo in otri vecchi senza far danni. (Mc 2,22).
Rispetto all’insegnamento degli scribi che si limitava a una dotta serie di citazioni di autorità passate, alla ripetizione di un messaggio legalistico e impersonale, la parola di Gesù risuona come una novità assoluta. Gesù si confronta direttamente col testo biblico appena letto, senza nascondersi dietro citazioni di altre autorità. Gesù insegna con la sua autorità di maestro: lui è il portatore dello Spirito, il Signore della Parola. Gesù interroga e si lascia interrogare dalla Parola di Dio, ne mostra tutta l’attualità e la coerenza con la vita di ogni giorno e le scelte per sempre.
Gesù insegna con un’autorità inaspettata perché deriva da una dignità che circonda questo falegname di Nazareth, un’autorevolezza che non passa inosservata, che si impone da sola. La zona d’ombra e inquietante è data dal grido dell’indemoniato. Un giovane posseduto dal demonio, presente nella sinagoga, mimetizzato tra la folla anonima. Quando il Santo di Dio ridà forza e vita alla Parola della Bibbia, che ritorna e riprende ad illuminare la vita degli uomini, il nascondiglio del demonio si scopre e la sua opera viene alla luce per essere distrutta e andare in rovina.
La confessione blasfema e bestemmiatrice dell’indemoniato: “Io so, che tu sei il Santo di Dio!”, mette a fuoco la realtà di Gesù e diviene una involontaria risposta allo stupore della folla: di fronte c’è Uno che mostra un legame inaudito e fortissimo con Dio stesso. Forse il demonio pensava illudendosi di avere potere su Gesù, perché ne conosceva il segreto della persona. Invece Gesù lo smentisce. La sua autorità, infatti, si estende anche sugli spiriti malvagi e immondi.
Il commento della gente è stupito, ma è anche un invito a riflettere, a porre la domanda: Chi è Gesù? Chi è quest’uomo che di sabato, giorno in cui è proibito pescare e riassettare le reti, con la sola parola è capace di cacciare i demoni? Quello che colpisce non è l’esorcismo, ma il modo dell’irresistibile intervento di Gesù, uno che mostra di avere la stessa autorità della Parola di Dio, lo stesso potere di Dio. Dunque…
Sarà il resto del Vangelo di Marco a svelare il suo insegnamento, sarà la stessa vita di Gesù a confermare quello che oggi, nella sinagoga di Cafarnao, già si intuisce: l’evangelo è nella persona di Gesù; solo lui è capace di operare quello che dice e il risultato è già evidente: la liberazione dal male. Se gli indemoniati rappresentano l’immagine tipica del potere del male, nella loro incapacità di stabilire rapporti autentici con gli altri e col mondo, Gesù è il servo che è venuto per dare la sua vita in riscatto di tutti. E il suo gesto d’amore vince la lotta e rovina i demoni.
Angelo Sceppacerca