Is 55,1-11; 1Gv 5,1-9; Mc 1,7-11
Con la festa del Battesimo di Gesù si chiude il periodo natalizio. Anche in questo Vangelo c’è una voce che grida e che indica: è quella di Giovanni, il più grande e l’ultimo dei profeti. Proprio perché “ultimo” profeta, Giovanni indica il grande cambiamento, la svolta epocale attesa dall’umanità: la presenza del Salvatore. Il battesimo amministrato da Giovanni nelle acque del Giordano è indicazione di quello in Spirito che porta il Messia, ma è pur sempre anch’esso simbolo di svolta, di conversione.
Se la figura, l’opera e il messaggio di Giovanni il battezzatore sono ancora sotto il segno dell’attesa, questa tuttavia non è più di un futuro remoto, ma è una attenzione al presente, perché il Signore è qui, si lascia trovare, vedere. Egli è vicino, in mezzo a noi. Il Battista è il modello di ognuno che si accosta al Vangelo, perché sa che dietro la realtà presente (quell’uomo, in fila con i peccatori, per ricevere il battesimo di conversione) se ne cela un’altra, più forte e più grande. Indicando Gesù e vedendo scendere su di lui lo Spirito di Dio, Giovanni vuole che noi ci avviamo sul suo stesso cammino, alla sua sequela, divenendo suoi discepoli. Per gli apostoli e le prime comunità cristiane il tema della sequela era sentito in modo molto forte e nel Vangelo di Marco fa da filo conduttore. Solo su chi segue Gesù, scende lo Spirito che rende creature nuove, capaci di un cammino unico, il solo che vince la morte e ridona la vita.
Gli esegeti ci dicono che questo brano del Vangelo di Marco apparteneva già da tempo alla tradizione primitiva della Chiesa nascente. Si tratta, infatti, di una catechesi essenziale che annuncia Gesù come Figlio di Dio e, contemporaneamente, cosa significhi per i cristiani battezzati il divenire anch’essi figli di Dio. Alla sequela di Gesù il cristiano vive come Lui, a cominciare dalla profonda solidarietà con tutti gli uomini. I “cieli aperti” al momento del battesimo di Gesù nel Giordano indicano la fine della separazione tra Dio e gli uomini, il tempo della inimicizia, della infedeltà. È inaugurata l’era della pace, della convivialità, della fratellanza universale.
I “cieli aperti” sono anche il simbolo del velo del tempio squarciato alla morte di Gesù. Se al fiume Giordano Gesù è in fila con tutti i peccatori, sarà sul Calvario il battesimo di sangue che la sua passione e morte produrranno la salvezza di tutti. La pace, la convivialità, la fratellanza universale possono nascere solo da un sacrificio, da una rinuncia, da un comune cammino di umiliazione e di riconciliazione. Dio, in Gesù, l’ha compiuto fino in fondo, dalla grotta di Betlemme al Calvario. Ora tocca anche a noi se vogliamo essere suoi discepoli. E lo vogliamo, perché più di ogni altra cosa vogliamo la vittoria sul dolore e sulla morte, vogliamo la vita e la resurrezione.
Angelo Sceppacerca