Is 45,1.4-6; 1Ts 1,1-5; Mt 22,15-21
Farisei ed erodiani: intorno a Gesù, nemico comune, le parti opposte si alleano perché entrambe vogliono ucciderlo. Gesù è definito maestro vero, che insegna la verità, che non fa favoritismi. È l’uomo della verità e della libertà. La verità diventa una caratteristica dei discepoli e dei “mandati”.
“Dicci dunque il tuo parere”. È una domanda trabocchetto: qualsiasi cosa Gesù avesse risposto sarebbe stato giudicato colpevole: dicendo che era lecito sarebbe stato accusato di amicizia con Cesare, suscitando la reazione dei farisei e degli zeloti; se invece si fosse opposto al pagamento del tributo sarebbe stato incolpato di ribellione al potere romano, cosa che avrebbe irritato gli erodiani.
Il tributo di cui si parla era l’imposta diretta sulle persone istituita dall’Impero Romano, uguale per tutti, dai quattordici ai sessantacinque anni, considerata un dominio opprimente e vergognoso per gli Ebrei, poiché sottolineava la sottomissione all’autorità straniera. Gli Israeliti pagavano anche altre tasse: ai leviti e per il Tempio. Tutto appartiene a Dio: la vita degli uomini, come quella delle bestie, la terra e i suoi frutti. Tutto è dono di Dio e a Lui ritorna in offerta dalle mani dell’uomo che lo riconosce Re e Signore. Per questo la tassa pagata all’Imperatore Romano offendeva la sensibilità del pio israelita, che vi ravvisava il pericolo di idolatria.
Gesù riporta il discorso alla sua verità: ogni autorità viene da Dio ed è sottomessa a Lui anche se, alla fine, ogni debito si riassume in “quello di un amore vicendevole; perché chi ama il suo simile ha adempiuto la legge”.
Gesù è uomo vero e libero davanti a tutti, non ha soggezione e non fa favoritismi. Anche il cristiano deve vivere con franchezza. Il cristiano può camminare a testa alta, con grande dignità, perché Dio dimora in mezzo a noi e ci fa liberi e al servizio della verità. È questa “potenza” che si impossessò degli Apostoli dopo la Pentecoste. La franchezza, frutto del dono spirituale della fortezza, si esercita nel coraggio, nell’imparzialità, nella pazienza, nella trasparenza, nell’autenticità, ed è propria dell’apostolo e del missionario. Lo ricordiamo in modo tutto particolare in questa domenica che è la Giornata missionaria mondiale.
Tutto quello che siamo attende di tornare nelle mani del Padre. “Rendete a Dio quel che è di Dio” è uno slogan missionario, per un annuncio che non si impone, ma risveglia nei fratelli la conoscenza e la consapevolezza di quell’immagine di Dio che è impressa in ogni creatura e, in modo splendido, nella persona umana; un’immagine che svela l’uomo a se stesso e lo costituisce figlio ed erede del Regno del cieli.
Angelo Sceppacerca